Donne di Crema, rivela ad ogni incontro storie che non ti aspetti. Dietro ai sorrisi si nascondono porte che ti trasportano in altri mondi e ti fanno scoprire sfumature di vita.
L’incontro
La storia di Giada parte dai suoi forti legami con le tradizioni, con la sua famiglia e il luogo in cui ha vissuto maggiormente: il quartiere di Ombriano dove i suoi nonni hanno avuto per tutta la vita una lavanderia.
Giada trascorre molto tempo in questo luogo e, crescendo, impara a stare in mezzo alla gente e a vedere le dinamiche di una realtà commerciale.
La storia di Giada
Ha sempre avuto la tendenza ad andare verso l’altro grazie alla sua empatia, dote che ha ereditato da suo nonno materno, e al fatto di essere una persona molto socievole e solare.
Ricorda che già alle Scuole Elementari e Medie dimostrava la sua empatia verso gli altri, anche se in quegli anni ha sofferto molto a causa di atti di bullismo nei suoi confronti.
Donne di Crema, anche se sta per concludersi, continua a regalarmi gioie e soddisfazioni come all’inizio del percorso e per tutta la sua durata.
L’incontro
La storia di Elena ne è un esempio. Non la conoscevo personalmente, ma solo di vista, avendo lei aperto un’attività in centro Crema da qualche anno.
Il suo racconto parte dalla famiglia, dai valori che le sono stati trasmessi e la forte unione tra lei e la sua famiglia che ritiene essere la sua più grande fortuna. Con la madre ha condiviso anche un lungo percorso lavorativo che l’ha portata ad essere la donna e l’imprenditrice che è oggi.
La storia di Elena
Nell’infanzia e nell’adolescenza, Elena è stata molto ribelle perché sentiva che non riusciva a trovare la sua strada. Ricorda molto bene un episodio in cui il suo animo creativo è stato stroncato da un’insegnante delle Scuole Medie che l’ha sconsigliata a proseguire gli studi superiori al Liceo Artistico.
Donne di Crema mi apre le porte su molte realtà di cui fino ad ora ero a conoscenza, ma con cui poco avevo interagito. È il caso di Daniela, la Presidente dell’ Anffas di Crema da quasi ventisei anni.
L’incontro
È difficile raccontare la storia di Daniela, senza raccontare la storia della sua famiglia e in particolare di sua sorella Rosangela con cui ha sempre avuto un fortissimo legame.
La storia di Daniela
L’infanzia di Daniela scorre serena, gioiosa, a giocare nel cortile di una casa dove vivevano molte famiglie insieme ai suoi tre fratelli e sua sorella e a tanti amici . È la più grande dei suoi fratelli.
Tutto procede in maniera normale, fino a quando, sua sorella, tornando dalla sagra del quartiere viene investita da un’auto.
Tutto cambia in una frazione di secondo
In un secondo la sua vita, e quella della sua famiglia, viene stravolta. Daniela si ritrova, a undici anni, a dover crescere immediatamente e ad assumere un ruolo responsabile da sorella maggiore, mentre i suoi genitori sono in ospedale con Rosangela. Ricorda molto bene il dolore, la disperazione e la stanchezza sui volti dei suoi genitori durante quei due mesi di coma della sorella, quando dovevano dividersi tra l’ospedale e gli altri quattro figli.
Donne di Crema significa ascolto e da quando è iniziato mi ha permesso di migliorare molto sotto questo punto di vista. Ci sono molte sfumature che ad un ascolto superficiale possono sfuggire, soprattutto se non si è aperti realmente all’incontro con l’altra persona.
Quando Chiara, l’educatrice dell’Anffas, mi ha contattata per chiedermi se potevo essere interessata a raccogliere le storie di due sue ragazze del Servizio Diurno Alternativo, mi ha stimolato il fatto di ascoltare voci che la società spesso non ascolta con la dovuta attenzione e a volte, purtroppo, non ascolta minimamente.
Sono storie che celano difficoltà, ma vengono raccontate con naturalezza, semplicità e un candore che non ti aspetti. Sono persone adulte ma che hanno in loro il candore dei bambini e questo fa sì che vedano la realtà in maniera più positiva e pulita rispetto alla maggior parte delle persone.
L’incontro
Il primo volto che ho visto entrando al Servizio Diurno Alternativo è quello di Ramona, che mi ha accolta con un saluto ospitale.
Ciò che mi ha colpita subito di lei è la sua curiosità nel capire chi fossi e da dove venissi. È stato facile iniziare a chiacchierare con lei partendo dal quartiere in cui entrambe abbiamo vissuto.
Ho scoperto solo dopo, tramite Chiara, la sua educatrice, che Ramona è una fonte di notizie incredibile: conosce tantissime persone e di tutti sa un sacco di cose.
Una caratteristica che nasce dal fatto che sa instaurare subito un dialogo con chiunque, senza alcuna timidezza o barriera.
Un’altra sua grande caratteristica è quella di esser particolarmente portata per la matematica: la sua mente ragiona per numeri e ha una memoria perfetta per le date, oltre che per i nomi.
Donne di Crema sta volgendo al termine, mancano poche storie da raccogliere e questo meraviglioso percorso sarà concluso. Quante storie, quante emozioni vissute lungo questo viaggio svolto negli ultimi due anni.
Nonostante il gran numero di donne ascoltate, ogni nuovo incontro mi regala nuovi punti di vista e nuovi stimoli.
La storia di Elisa ne è molto ricca.
L’incontro
Con Elisa ci conosciamo dai tempi del Liceo Artistico, di cui anch’essa conserva dei meravigliosi ricordi di alcuni professori e quella sensazione di grande famiglia e seconda casa che era l’Artistico della nostra adolescenza.
La storia di Elisa
Elisa mi racconta di esser stata una bambina timida, ma molto curiosa e già affascinata dall’arte e dalla musica. Complici i suoi genitori che le hanno tramandato la passione per il disegno, la pittura e le note musicali, ricorda di esser sempre stata affascinata da queste arti.
Da bambina amava osservare anche il nonno, artigiano, nel suo laboratorio, creare cose e sentendo dentro di sé la stessa passione per quei lavori manuali di creatività
Alcune settimane fa tramite un’amica comune, faccio la conoscenza di Chiara, un’Educatrice che lavora presso il Servizio Diurno Alternativo di Fondazione Alba Anffas Crema Onlus. Scambiamo alcuni messaggi in cui mi propone l’idea di coinvolgere qualcuna delle sue ragazze del centro, nel progetto Donne di Crema.
L’idea mi interessa e nel giro di pochi giorni ci incontriamo per approfondire meglio il discorso. Lo scopo di Donne di Crema è quello di raccontare le donne che vivono la realtà locale e ben si sposa con la proposta di Chiara, vista “nell’ottica di inclusione e di partecipazione alle iniziative del territorio che Anffas cerca di perseguire il più possibile.”
“Le ‘nostre’ donne hanno raramente occasioni di mostrarsi singolarmente al mondo, sia per quanto riguarda la loro storia, sia proprio a livello di immagine.”
Questa visione del progetto che è arrivata a Chiara, come un mezzo per far conoscere realtà a volte sommerse, ma importanti, della nostra società, è esattamente uno degli scopi per cui il progetto è nato. Quindi accolgo con molto entusiasmo la sua proposta.
L’incontro
Mi propone due ragazze che potrebbero partecipare: Chiara e Ramona, dopo aver consultato le famiglie e aver valutato chi tra le loro ragazze possano essere interessate a partecipare.
Solitamente per il progetto Donne di Crema, arrivo all’incontro con un minimo di idea della storia della persona che ho davanti. Nel caso di Chiara, al contrario, arrivo senza conoscere nulla di lei e del suo passato.
Ci incontriamo di persona, senza il filtro del computer tra noi e ancora di più posso cogliere le sue espressioni e ciò che mi trasmette.
Chiara frequenta il Servizio Diurno Alternativo dove ci incontriamo. La sede del centro è a due passi dalla Piazza Duomo, recuperata in una vecchia ala della Scuola delle Ancelle, di cui conserva la struttura, i finestroni del corridoio, la cucina e le aule.
Come l’autostima gioca un ruolo determinante nel contrastare la violenza.
Ascoltando molte storie di donne, vittime di violenza psicologica o fisica, ho iniziato a pormi parecchie domande per cercare di capire gli schemi dietro alle dinamiche di queste situazioni. Esistono degli schemi ricorrenti anche se le storie e le persone coinvolte sono molto diverse.
Ho iniziato a pensare che per poter arginare il sempre più dilagante dramma della violenza sulle donne, si debba intervenire su più fronti. Sicuramente la prevenzione è fondamentale e quindi ben vengano gli interventi nelle scuole (Medie e Superiori), per parlare ai ragazzi di cosa sia la violenza e da dove parta. Ma credo sia altrettanto fondamentale preparare anche le ragazze su un altro fronte, oltre a quello del riconoscere i primi segnali di una relazione tossica, e cioè aiutarle a prendere consapevolezza di loro stesse.
Molti casi di violenza riguardano donne che erano sempre state salde nella loro vita, ma è bastato che abbassassero la guardia, perché fragili in quel momento della loro vita a causa di problemi di salute, problemi lavorativi, un lutto o la fine di una relazione importante, per cadere nella rete di un uomo che si è poi rivelato il loro carnefice.
Per cercare di diffondere messaggi di aiuto alle donne, per cercare di dare un contributo alla lotta contro la violenza sulle donne, ho pensato di coinvolgere alcune delle Donne di Crema nella stesura di diversi articoli su queste tematiche.
La prima ad aver aderito alla mia proposta è Laura Genovese, che ringrazio moltissimo. Da molti anni è volontaria presso il Centro Antiviolenza Donne contro la Violenza di Crema e ha seguito corsi di Mindfulness e Counceling specializzandosi Counselor di analisi transazionale.
Nel suo articolo, Laura, oltre a dare molte informazioni importanti, ci insegna anche un esercizio pratico per capire come imparare a stare bene con noi stesse.
“7 consigli pratici per prendere consapevolezza di te”: l’idea di scrivere questo articolo è nata parlando con molte donne, dove è uscita più volte questa “paura” del farsi fotografare e di mostrarsi al naturale.
Questa “paura” dell’obiettivo si ricollega alla paura insita in ciascuna di noi nel mostrarsi veramente a qualcuno, perché temiamo il giudizio di chi ci guarda, pensiamo di non esser abbastanza belle rispetto alle altre, non siamo soddisfatte di come siamo. Ciascuno di questi motivi ha radici ben profonde in noi e, spesso, non sono facili da estirpare. Io ripeto sempre:
“Sei bella perché sei unica”
Perché vorrei che ciascuna di noi iniziasse a prendere consapevolezza di sé, senza porsi a confronto con modelli visti sui social network o anche solo con le proprie amiche. Vorrei realmente che ciascuna donna potesse vedersi da fuori con occhi scevri da giudizio e potesse vedersi nella sua interezza e bellezza.
Specifico subito che non mi limito a considerare la parola bella legata solo ad un discorso estetico.
Intendo bella in un senso più ampio. Perché vorrei veramente che arrivassi a piacerti, e per farlo devi piacerti prima di tutto dentro di te. Solo dopo che ti piacerai dentro, allora apparirai ai tuoi occhi, bella anche fuori.
Donne di Crema procede ad un passo un po’ più tranquillo, ma sempre dritto per la sua strada. E oggi incrocio quella di Barbara, una donna che ha saputo uscire dalla propria comfort zone più volte, mettendosi alla prova studiando e lavorando all’estero. Barbara ha anche saputo fermarsi e cambiare strada quando si è resa conto che la vita privata andava tutelata, e il lavoro arginato.
Un bel messaggio quello che veicola, quello del valorizzare le proprie potenzialità e specificità, senza focalizzarsi sulle proprie mancanze.
L’incontro
Nata e cresciuta a Crema, Barbara, ricorda un’infanzia serena in cui le domeniche trascorrevano insieme ai suoi fratelli e ai tanti cugini, a casa dei nonni, immersi nella campagna attorno a Crema.
È stata una bambina felice e curiosa di sapere, che ha sempre amato molto disegnare e studiare, caratteristiche che la accompagnano tutt’ora.
Ha frequentato le Scuole Elementari dalle suore e quelli sono stati anni scanditi da regole e doveri, in cui lo studio era molto importante e l’esser portata a scuola le ha reso la vita “un po’ più facile” in quell’ambiente severo.
La storia di Barbara
Già amante dell’arte fin da bambina, grazie a sua mamma che l’ha sempre portata per musei e mostre, non ha avuto dubbi al momento della scelta del Liceo Artistico.
Conserva bellissimi ricordi di quegli anni, una scuola che era nata da poco a Crema, molto contenuta nei numeri come fosse una sorta di “grande famiglia”, in cui si viveva bene e si aveva modo di coltivare rapporti con gli insegnanti e con gli altri studenti.
Gli insegnamenti ricevuti da alcuni dei suoi professori sono stati così importanti che la accompagnano ancora oggi.
Donne di Crema insegna sicuramente tantissimo a livello umano e fra tutte la capacità di non arrendersi e non abbattersi è quella che più caratterizza le donne che ho incontrato.
Le Donne di Crema che ho incontrato e ascoltato hanno saputo rialzarsi ogni volta che la vita ha cercato di metterle al tappeto. Hanno saputo reagire e hanno fatto tesoro delle esperienze vissute, a volte anche drammatiche, cercando di recuperare un senso positivo dal dolore provato.
Come la storia di Fulvia, pregna di difficoltà e tanti dolori, in cui lei ha saputo reagire, facendosi forza grazie alle persone che ha accanto, per trovare un modo positivo di affrontare le situazioni e trarre qualcosa di buono dal dolore.
L’incontro
Fulvia è un’esplosione di emozioni contrastanti. La sua ironia nel raccontarsi mi conquista subito perché nonostante le tante battaglie affrontate nella sua vita, non ha perso il sorriso, la voglia di lottare e di crederci sempre.
Ha imparato a ridere, Fulvia. La vita l’ha messa alla prova e le ha sferrato colpi che avrebbero steso chiunque. Ha scelto di rialzarsi ogni volta, facendo tesoro del vissuto e diventando ogni volta ancora più sensibile ed empatica verso gli altri.
Fin dalle prime parole scambiate mi avverte che è molto emotiva e si commuove facilmente. Mi colpisce che me lo dica, come se mostrare la propria sensibilità fosse un difetto. È un fiume in piena nel raccontarsi e io la ascolto rapita.
La storia di Fulvia
La sua storia parte dalla sua infanzia felice in cui si descrive come una bambina tranquilla e molto studiosa. Ha iniziato presto a doversi confrontare con un mondo più grande di lei, fatto dalla disabilità di suo padre, Ariberto, colpito da bambino dalla poliomielite, come tanti altri suoi coetanei “nati in via Rivafredda” a Crema.
Suo padre ha avuto una vita segnata da una serie di problemi di salute, ma ha lasciato a Fulvia un grandissimo insegnamento: gioire delle piccole cose della vita.
“Siamo in salute, vediamo, sentiamo e parliamo e, credimi, non sono affatto cose scontate.”