Donne di Crema: il ritratto di Laura

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Donne di Crema riprende il giro velocemente con tante nuove donne da scoprire e storie da ascoltare. Ogni incontro mi offre nuove sfumature di sensibilità e tanti nuovi stimoli e confronti utili per lo sviluppo futuro del progetto, ma anche per la mia crescita personale.

Il traguardo non è più così lontano e se da un lato c’è la grinta di portarlo a termine entro la scadenza che mi sono data, e sono conscia del fatto che di cose da fare ce ne siano ancora tantissime, dall’altra inizio a sentir una sorta di malinconia per un lungo percorso che volge al termine.

L’incontro

La storia di Laura inizia in un paese alle porte di Crema, dove vive con la sua famiglia, sino ai tre anni. Di quel periodo ha un ricordo molto nitido di lei bambina che giocava con una sua amica non vedente, nel cortile di casa.

Il ritratto di Laura per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Laura per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Laura

La nascita di sua sorella segna il trasferimento a Crema, e ricorda molto bene il giorno in cui sono andati in ospedale a conoscere la sorellina. Quello è stato per loro il primo passo nella costruzione del legame che le accompagna da tutta la vita.

Di quegli anni ricorda di esser stata una bambina molto timida, che ha passato gli anni dell’asilo piangendo spesso e che i primi due anni delle Scuole Elementari era sempre per mano alla maestra.

E’ dal terzo anno che inizia un po’ a sbloccarsi, grazie all’amicizia con una sua compagna di classe con cui pian piano riesce ad aprirsi e a creare una bella amicizia. Quel momento per lei segna il primo passo per staccarsi dalle maestre e dai genitori.

Già da bambina mostra un animo molto altruista e lo rivela scegliendo dei giochi in cui simulava di essere una missionaria che si prendeva cura degli altri.

Una “vocazione” innata, quella di volersi occupare del prossimo, nata in maniera spontanea, senza l’esempio diretto di qualcuno accanto a lei.

Gli anni dell’adolescenza

Crescendo inizia per lei un periodo non proprio semplice, legato all’adolescenza e al rapporto con i suoi genitori. Laura dal canto suo vorrebbe aver maggior libertà per poter fare ciò che fanno i suoi coetanei e poter poi condividerne i racconti in famiglia, ma dai suoi genitori non trova quell’apertura sperata.

Le danno delle regole da rispettare, come il coprifuoco o il fatto di non andare in discoteca, e per lei inizia un periodo in cui si sente in balìa tra le regole famigliari, gli amici che la vogliono coinvolgere e il suo sentirsi legata tra questi poli opposti. Indossa una maschera in quegli anni e non si sente totalmente se stessa né libera di poter scegliere cosa fare. Dentro di sé prova un forte senso di colpa come se ciò che faceva fosse sbagliato e questa cosa minerà la sua sicurezza e la sua autostima anche negli anni futuri.

Anche la scelta della Scuola Superiore la vede indirizzata verso un percorso di studi (scientifici) scelto dai suoi genitori. Dal canto suo avrebbe preferito una scuola meno impegnativa, e infatti dopo un paio d’anni cambia scuola e inizia a frequentare il corso di Tecnico della Gestione Aziendale allo Sraffa.

La sua idea era quella di fare un corso professionale al termine del quale poter iniziare subito a lavorare per rendersi autonoma dalla famiglia, perché faticava a sopportare il fatto di dover dipendere.

L’inizio del lavoro

Dopo pochi mesi dalla fine della maturità, trova lavoro come impiegata in un’azienda a Milano dove tutt’ora lavora. Il fatto di avere il suo stipendio le apre la possibilità di trovare l’autonomia che desiderava, prendendo la sua casa, i suoi ritmi e vivere la sua vita.

In seguito alla chiusura di una relazione sentimentale sente il bisogno di fare qualcosa per sé, per cambiare un po’ la routine quotidiana fatta di lavoro, casa e uscite con gli amici.

Sente che le manca qualcosa. La rottura con il suo fidanzato la fa fermare un momento per riflettere sulla sua vita e guardarsi dentro.

La scoperta del volontariato

Scopre così il mondo del volontariato e inizia a prestare il suo aiuto all’Associazione Donne contro la violenza, a Crema.

Inizia per lei un percorso di evoluzione, incontrando persone diverse, ascoltando storie ha la possibilità di avvicinarsi a realtà diverse dalla sua.

Ciò la porta ad interessarsi a corsi di formazione per poter sviluppare competenze e approfondire tematiche utili per il suo impegno.

Questo confronto costante la porta a volersi guardare dentro in maniera più approfondita e a lavorare su di sé. Si iscrive a corsi di yoga e meditazione sino ad arrivare all’iscrizione ad una scuola di counceling sul tema dell’analisi transazionale (un ramo della psicologia).

L’idea di rimettersi a studiare e l’impegno richiesto inizialmente la scoraggiano un po’, ma l’interesse che prova per quell’ambiente e per quelle tematiche sono talmente forti che decide di iniziare anche quel percorso, incastrandolo tra i tempi del lavoro e quelli del volontariato.

Un corso completo di tre anni e il raggiungimento del traguardo: counceling professionista.

Lavorare su di sé per aiutare gli altri

Un percorso iniziato con l’idea di aiutare le altre donne, ma anche per lavorare su se stessa, perché le due cose corrono su due binari paralleli.

“Ti rendi conto che per aiutare gli altri, devi prima aiutare te stessa.”

Laura

Lavorando su se stessa ha scoperto che non riusciva a vedere le risorse dentro di sé, ma si soffermava soprattutto sui suoi difetti. Questo era sempre stato il suo approccio alla vita e la portava a non vivere in maniera serena e a non essere in equilibrio con se stessa.

Sente di avere lavorato parecchio e che il cambiamento in lei è finalmente avvenuto.

“Il punto di partenza è stato quello di guardarmi e accettarmi, senza soffermarmi sempre sui miei difetti, ma guardare anche le mie risorse. Una volta che ti accetti puoi modificare i tuoi comportamenti, cerchi di migliorarti costantemente e smetti di giudicarti. Non puoi migliorarti se continui a giudicarti!”

Laura

L’autosvalutazione

Ciò che aveva sempre pensato di se stessa erano pensieri quali: “Qualunque cosa fai gli altri la fanno meglio di te, sei goffa, gli altri sono più belli, sanno parlare esprimersi meglio, sono simpatici.”

Si è sempre vista un gradino inferiore agli altri.

Ciò crede sia legato anche ad un atteggiamento di suo padre che la spronava sempre a fare meglio, ma in Laura questo si traduceva in una forma di stress con la conseguenza di non sentirsi mai abbastanza per lui.

Quando ha iniziato ad ascoltare le storie delle donne che si rivolgevano all’Associazione, ha iniziato a ragionare sulla propria vita e a riconoscere anche in se stessa una sorta di vittima di violenza psicologica da parte di persone della sua vita, ma anche di se stessa. E’ questo che la porta poi a lavorare su di sé.

E’ grazie a questo lavoro su di sé che ora riesce a capire le preoccupazioni dei suoi genitori. Il fatto che le dessero delle regole era per proteggerla e lo sprono a fare meglio era un incentivo a migliorare sempre nella vita. Ha capito che  essere genitore è un compito difficile e richiede molto coraggio nel prendere decisioni a volte difficili da comprendere per i propri figli.

I colloqui con le altre donne sono per lei un’autoterapia, perché dando loro consigli è come se li desse anche a se stessa.

I primi passi in Associazione

I primi momenti in Associazione la vedono un po’ spaventata per le tematiche trattate, ma al tempo stesso si sentiva tranquilla per l’ambiente in cui erano calate.

Guardava le donne dell’Associazione con molta ammirazione e ciò la spronava a voler sempre fare meglio e a darsi un gran da fare.

“Un gruppo di donne che ha saputo fare squadra nel corso degli anni ed è lì pronto ad aiutare le donne che hanno bisogno, avendo creato per loro stesse e per chi si rivolge a loro, un ambiente sereno e tranquillo dove sentirsi, e farle sentire, protette.”

Laura

Si sente dalle parole di Laura quanto ami e apprezzi questo ambiente e l’aiuto che possono dare.

In tredici anni di collaborazione con l’Associazione ha visto molte donne richiedere aiuto e soprattutto negli ultimi anni vi è stato un incremento perché sempre più persone hanno imparato a conoscere la realtà dell’Associazione.

Tutto il loro impegno si è tradotto in una sempre maggior fiducia nelle donne a rivolgersi a loro.

“Il passaparola aiuta nel trovare il coraggio di chiamarci.”

“Molte donne fanno fatica ad ammettere la violenza e ciò le porta a non contattare noi o le altre associazioni attive sul territorio. Preferiscono non parlarne e purtroppo noi non possiamo aiutarle.”

Laura

Per chi se la sente, hanno creato un confronto di mutuo aiuto tra le donne vittime di violenza, per dar loro la possibilità di parlarsi e di confrontarsi per far capire loro che non sono sole e che ci sono altre donne nella loro stessa situazione.

“Parlare con altre donne che hanno subìto violenza può aiutare a sostenersi a vicenda e a mostrare cosa si è vissuto e come è stato affrontato.”

Laura

Sentirsi responsabili della violenza subìta

“Spesso le donne vittime di violenza si sentono responsabili di aver portato l’uomo a comportarsi in maniera violenta. A furia di sentirsi dire frasi che le incolpa della cosa, come per esempio, è ‘colpa tua perché tiri fuori il peggio di me’, iniziano a convincersi di avere qualcosa che non va. La loro speranza è quella di assumere determinati comportamenti per cercare di rimettere in equilibrio la situazione, sistemare la famiglia e ciò vuol dire che non devono fare dei grossi cambiamenti nella loro vita e in quella dei loro figli.”

Laura

Pensando di dover cambiare il loro atteggiamento per poter sistemare la situazione, si pongono un obiettivo irreale, e questo non fa altro che farle sentire frustrate perché non possono raggiungere quell’obiettivo.

Devono prendere coscienza che l’obiettivo che si devono prefissare è un altro, ed è quello che le porterà via da quella situazione e da quel giro infinito.

Uscire da questo meccanismo e iniziare a darsi valore è il passo più importante ma anche il più difficile.

Lottare per farsi credere

“Le donne subiscono violenze plurime non solo dai loro carnefici, perché quando escono allo scoperto devono convincere le altre persone di essere innocenti. Anche nei tribunali devono difendersi e dimostrare di essere loro le vittime perché spesso si cerca il compromesso per trovare un accordo.”

Laura

“Le vittime devono lottare per farsi credere.”

Laura

Questo è un aspetto delicato e molto complicato, perché il fatto di non avere il pieno supporto da parte delle forze dell’ordine, dai servizi sociali o dai tribunali, molto spesso scoraggia le donne a denunciare i loro aguzzini. Sono violenze che si ripetono e molte non se la sentono di uscire allo scoperto e affrontare tutto ciò.

Laura ammette che questa è la parte su cui si trova più in difficoltà nell’aiutare le donne perché sente dentro di sé una fortissima rabbia data da questa situazione assurda.

Notizie veicolate in maniera superficiale

Ritiene assurdo e inutile che i media parlino sempre e solo delle tragedie del femminicidio ma che si limitino a dare le notizie senza mai approfondire e andare oltre. Nessuno si sofferma a parlare per esempio delle difficoltà che incontrano le donne nel momento in cui decidono di fare denuncia. Se parlassero anche di questo potrebbe essere uno stimolo per cercare di cambiare realmente le cose, ma invece continuano a trattare i casi di violenza nella spettacolarità del caso come fossero scene di un film, ma senza dare un aiuto concreto per trovare una soluzione per sostenere le donne nel lungo iter burocratico che le aspetta.

“Che esempio stai dando alla comunità? Che sensibilità può avere una persona se ogni giorno vede trattato questo argomento nello stesso modo? I media trattando l’argomento in modo violento portano le persone a viverlo in maniera sbagliata.”

“Se una donna vittima di violenze, non denuncia mai, quando finalmente si decide a chiamare i Carabinieri, questi escono ma non vedono il sangue, per loro quello che vedono è un conflitto, pongono le due parti sullo stesso livello. Se invece si inizia a fare la segnalazione e poi una denuncia, anche le Forze dell’Ordine possono agire in maniera diversa perché hanno già del materiale in mano. Altrimenti si tende a pensare che le Forze dell’Ordine non facciano il loro lavoro.”

Laura

L’importanza dell’ascolto e del non giudizio

Laura ha imparato a non giudicare, ma ad ascoltare le parti coinvolte, non solo la donna ma anche le persone a cui si è rivolta (psicologi, assistenti sociali…), è per questo che è importante fare rete, in modo da avere un quadro completo e poter aiutare veramente le donne che si rivolgono a loro.

“Cerchiamo di fare azioni concrete per poter assistere queste donne, partendo dall’idea che se noi operatori facciamo rete è fondamentale. Per questo abbiamo organizzato anche dei corsi per le Forze dell’Ordine per far sì che avessero un’attenzione e un linguaggio diversi nei casi di donne che si rivolgono a loro per fare denuncia di violenza. Forniamo inoltre loro dei referenti a cui possono rivolgersi queste donne.”

“Non c’è abbastanza attenzione su questo argomento. Viene visto ancora con pregiudizio. Frasi come ‘la donna un po’ scatena la violenza’, o ‘la donna va vestita così’, si sentono ancora purtroppo.”

Laura

L’Associazione si pone al fianco delle donne, cercando di fare ciò che può, sia come sostegno per le donne che si rivolgono ad essa, e per sensibilizzare le persone, ma si rende conto che di lavoro da fare ce n’è ancora moltissimo.

Chiedo a Laura se riesce a staccare la mente da alcuni di questi casi, ma per lei è difficile non pensarci. Solo quando sente che è troppo il carico emotivo, si dedica alla meditazione e trova in essa del beneficio, seppur momentaneo.

Sfruttare la rabbia per trovare nuove idee

Col tempo ha imparato a sfruttare la rabbia dell’impotenza che sente, a favore della causa, perché la ritiene importante per smuovere la coscienza e far girare i pensieri per andare a scoprire nuove strade e nuove iniziative che possano poi essere utili per aiutare le donne.

“La rabbia deve servire a qualcosa. Più ti arrabbi più ti viene voglia di fare un’azione. Deve servire sicuramente a sfogarti, poi a farti venire un’idea, e ad aver più voglia di lottare per quell’argomento.”

Laura

Osservare le cose belle e le azioni buone

In mezzo a tanta rabbia, tristezza e anche al senso di impotenza data dal fatto di non poter risolvere il problema in quattro e quattr’otto, il segreto per andare avanti è quello di soffermarsi a vedere le cose belle e le azioni buone che accadono nel quotidiano. Sforzarsi di andare alla ricerca delle cose positive attorno a noi.

Lavorare sull’autostima

Ciò che Laura fa con le donne è fare un lavoro su loro stesse e sulla loro autostima per far sì che non ricadano in certe dinamiche che poi sfociano in violenza psicologica o fisica.

“Molte di queste donne non sono abituate a sentirsi, e ciò le porta a non riuscire a vedere certi comportamenti sbagliati nella persona che hanno accanto. Lavoriamo sulle loro emozioni, per riconoscerle e dare valore a ciò che stanno sentendo. Questo è il primo passo per poterle aiutare. Se non riesci a sentire la violenza non riuscirai mai a darle quel valore che ti fare capire cos’è e quindi ad allontanartene.”

Laura

Oggi si sente una donna con una risorsa in più, perché sa che dentro di sé ha una forza che non immaginava, può fidarsi di se stessa e davanti a problemi, non si affossa più con giudizi su se stessa, ora sa che può trovare delle modalità per stare meglio. Le piace lavorare su di sé, è un percorso che non ha mai fine, ma è sempre in movimento e in crescita.

Riguardo a Crema

Le è sempre piaciuta Crema perché ama girare a piedi e in bicicletta, poterla godere con calma, senza dover prendere mezzi pubblici. Questa cosa per lei significa indipendenza e libertà.

Quando ha iniziato a lavorare a Milano ha apprezzato il fatto di non essere conosciuta da nessuno, ma di essere quasi come un numero. Questo la portava a muoversi in maniera naturale, ad essere se stessa, senza timore del giudizio che spesso può accadere nella piccola realtà di provincia.

Questo mormorio delle persone che vivono nel piccolo centro è un aspetto che ha sempre notato e le è sempre stato un po’ stretto.

Nonostante questo lato, ha sempre preferito vivere a Crema, per star vicino alla sua famiglia e ai suoi amici e per poter vivere in una dimensione più piccola e tranquilla.

Il Campo di Marte a Crema (Cr), il luogo scelto per il ritratto di Laura per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
Il Campo di Marte a Crema (Cr), il luogo scelto per il ritratto di Laura per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Laura e la fotografia

Davanti alla macchina fotografica prova molto imbarazzo, non si sente se stessa, non riesce ad essere naturale e dall’espressione si vede non spontanea. La incuriosisce molto capire perché prova questa sorta di imbarazzo e disagio, mentre viene fotografata, che riguarda lei stessa, più che nei confronti della persona che la sta fotografando.

Si sente in difficoltà perché non sa come sorridere, o come porsi. Se tra tante foto quelle in cui si piace non sono la maggioranza, ammette che in quei casi in cui è venuta bene e si piace, è davvero molto contenta della cosa.


Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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