Donne di Crema: il ritratto di Valeria

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Donne di Crema raggiunge un traguardo importante con Valeria, la Donna di Crema numero 80.

Ho conosciuto Valeria tramite Alessia, sua figlia, durante l’evento a Palazzo Zurla De Poli, a metà settembre e subito ho notato una forte somiglianza tra loro.

È curioso aver la possibilità di ascoltare le storie di madri e figlie che si intrecciano nel progetto, perché è come unire i pezzi di un puzzle e vedere delinearsi una sorta di storia di famiglia.

Ricordo bene le parole di Alessia e i suoi aneddoti circa sua madre e sua nonna e oggi ho avuto l’occasione di sentire la storia di Valeria direttamente dalla sua voce.

L’incontro

Dopo tanto tempo di chiacchierate su Zoom, con Valeria torniamo ad incontrarci al tavolino di un bar, davanti ad un caffè, in un umido pomeriggio di novembre.

Ascoltare i racconti di Valeria è come scoprire la storia di una famiglia in cui le donne hanno fatto da protagoniste, ognuna a modo proprio. Ogni aneddoto ha la sua importanza per capire fino in fondo la sua storia sino ai giorni nostri.

Il ritratto di Valeria per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Valeria per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Valeria

Inizia a raccontarmi della nonna materna, nata e cresciuta in un paese della Calabria, il cui marito un giorno è partito per l’America e non ha fatto più ritorno al suo paese d’origine, abbandonando  moglie e figlia.

La figlia, a quel punto, capisce che deve prendersi cura della madre e inizia a cercare lavoro per poter sopperire alla mancanza del padre. Erano tempi molto diversi da quelli di oggi e per una donna lavorare non era ancora una scelta diffusa. Crea ulteriore scandalo quando trova lavoro in un ufficio postale in cui i dipendenti sono solo uomini.

La donna non si lascia abbattere dai pregiudizi o dalle malelingue, perché per lei lavorare è una necessità.

Incontra l’amore (il padre di Valeria) e decidono di sposarsi, nonostante la madre di lui non veda di buon occhio quell’unione e fa di tutto per separarli. Il padre di Valeria è un sognatore, un musicista con l’idea di vivere della sua musica, un creativo, poco incline a darsi troppo da fare per mantenere la propria famiglia.

È ancora una volta la madre di Valeria a lavorare e portare a casa il necessario per vivere. Il loro matrimonio è messo a dura prova dai continui interventi della suocera che li porta poi alla rottura definitiva quando Valeria ha solo cinque anni.

Valeria nasce a Napoli, luogo in cui si erano trasferiti ma dove ben presto la madre si ritrova a doverla crescere da sola. il padre si allontana dalla moglie ma anche dalla figlia e ancora una volta la figura maschile della sua famiglia viene a mancare. Non solo sua nonna, ma anche sua madre, si ritrova a crescere una figlia senza aver accanto un marito.

Il trasferimento a Milano

Per seguire un’offerta di lavoro, sua madre decide di trasferirsi a Milano, quando Valeria ha dodici anni. Per la ragazzina significa essere strappata via dalle sue origini e dalle sue amicizie, contro la sua volontà.

“A Napoli avevo il sole, il mare, i miei amici. In un attimo mi ritrovo strappata da un luogo che amavo per essere ricollocata in una città completamente diversa: fredda, nebbiosa, dove per tutti ero la meridionale.”

Valeria

L’impatto con Milano è stato molto duro per lei e ricorda quanto sia stato difficile terminare le Scuole Medie, dove le frecciatine sul suo conto erano all’ordine del giorno. Ciò che la scuoteva era il fatto che non provenissero solo dai compagni di classe, ma anche dagli insegnanti.

Il bullismo a scuola

La facevano sentire diversa, come se fosse colpevole e dovesse pagare le colpe di altri. Sentiva la diffidenza nei confronti delle persone del Sud, additati come “quelli che non avevano voglia di lavorare, i delinquenti e i mafiosi…” e inoltre proveniva da una famiglia non tradizionale senza il padre.

Un clima teso in cui Valeria non si sente serena e il suo rendimento scolastico ne risente. Il culmine lo raggiunge il primo anno di Superiori, quando vorrebbe iscriversi all’Istituto Magistrale ma sua madre preferisce iscriverla al Liceo Classico.

Per Valeria è un anno molto difficoltoso, non le piace il corso di studi classici e oltre tutto continua ad esser bersaglio di battute e frecciatine. Era sempre stata brava a scuola e aveva una media altissima quando era a Napoli, a Milano i suoi voti peggiorano sempre di più.

Sua madre capisce che qualcosa non va e Valeria ha la possibilità di cambiare scuola e iniziare le Magistrali come desiderava. Essendo stata bocciata ha un anno in più rispetto alle sue compagne, e queste la vedono con rispetto, nessuna la tratta male, anzi diventa quasi una figura da seguire.

Questo fa sì che Valeria ritrovi l’amore per lo studio e a cambiare completamente il suo approccio nei confronti della scuola.

La riconquista della serenità e l’incontro con l’amore

Pian piano ha modo di vivere la sua vita in maniera più serena e a inserirsi nello stile di vita dei suoi coetanei. A quei tempi, mi racconta che i giovani erano soliti ritrovarsi la domenica pomeriggio in quelle che Lucio Battisti nelle sue canzoni definiva “le cantine buie” che non erano altro che luoghi in cui si riunivano i giovani per andare a fumare e a ballare, all’insaputa dei genitori.

È durante uno di questi pomeriggi che, a diciassette anni, incontra l’amore, in colui che diventerà poi suo marito e il padre di sua figlia Alessia.

Un amore che dura da tutta una vita, e si ritiene molto fortunata ad avere incontrato un uomo come lui. Scottata dalla nonna e dalla madre rimaste entrambe senza un uomo accanto, per lei era importante trovare qualcuno che non l’avrebbe abbandonata e così è stato.

L’esempio della madre

Sua madre è sempre stata per lei un grande esempio di donna indipendente e molto avanti rispetto ai tempi in cui è vissuta. Non ha esitato quando a diciotto anni aveva deciso di andare a lavorare per mantenere la madre rimasta sola, né ha avuto timore di entrare in un mondo lavorativo prettamente maschile. Nonostante la chiusura nella mentalità del Sud, è riuscita ad imporsi e non si è lasciata fermare dalle malelingue.

Così come non ha esitato quando si è dovuta occupare di crescere sua figlia da sola o di mollare tutto e trasferirsi al Nord con sua madre e sua figlia a carico.

Si è rimboccata le maniche e ha ricominciato ogni volta.

Lo stesso ha fatto Valeria quando già da piccola si è ritrovata costretta a mollare la sua vita fatta fino a quel momento e seguire la madre a Milano, dove ha dovuto scontrarsi con persone che si ritenevano superiori rispetto alle persone del Sud, con i problemi nello studio e lo scombussolamento dentro di sé.

“Non volevo far pesare a mia madre il fatto che non stessi bene in quell’ambiente e tenevo tutto dentro, mentre lei era al lavoro mi lasciavo andare al pianto, ma poi cercavo di non darlo a vedere.”

Valeria

L’entrata nel mondo del lavoro

Al termine delle Superiori deve decidere se proseguire gli studi all’Università o andare a lavorare, ma non ha dubbi e opta per entrare subito nel mondo del lavoro per non pesare sulle spalle di sua madre.

Inizia a lavorare come maestra alle elementari ma si rende conto che quel lavoro non fa per lei.  

Decide di fare alcuni concorsi e ottiene un posto come segretaria, a Milano dove lavora per tre anni. Successivamente fa richiesta di trasferimento a Crema, e ottiene un posto prima alle Magistrali e poi al liceo Classico dove lavora trent’anni fino al momento in cui è andata in pensione.

Il trasferimento a Crema

A ventiquattro anni lei e il fidanzato decidono di sposarsi e l’anno dopo la loro vita viene allietata dall’arrivo di Alessia. È in quegli anni che decidono di lasciare Milano e venire ad abitare a Crema, per avvicinarsi ai genitori di lui.

Si trasferiscono con loro anche sua madre e sua nonna, e per alcuni anni vivono tutti sotto lo stesso tetto.

Inizia per Valeria una nuova vita, scopre un nuovo ambiente in cui crescere sua figlia e dove la vita scorre più tranquilla e può raggiungere il posto di lavoro a piedi, date le brevi distanze tra casa e luogo di lavoro.

L’abbandono del padre

Se da un lato ha avuto una figura femminile molto forte in sua madre, un esempio da seguire per lei, dall’altro Valeria ha dovuto vivere tutta la sua vita, a partire dai cinque anni, senza un padre accanto.

Non è certo stato facile accettare quell’abbandono improvviso e solo con gli anni e tanto lavoro su se stessa è riuscita a superare quel trauma infantile.

Mi racconta che suo padre non l’ha mai cercata e per molti anni non ha avuto sue notizie, sino al raggiungimento della maggiore età quando scopre che suo padre ha intenzione di divorziare da sua madre, perché nel frattempo aveva avuto altri tre figli (due sorelle e un fratello) da un’altra donna.

La scoperta di avere altri fratelli

È solo alla morte del padre che Valeria per motivi burocratici torna in Calabria e incontra sua sorella, la più grande dei tre fratelli e la vedova dell’uomo. È un impatto molto forte per Valeria, perché la somiglianza estetica tra lei e sua sorella è grandissima.

Questo le porta a rompere il ghiaccio e a iniziare a parlarsi. Da quel momento, una volta rientrata a Milano, Valeria e la sorella iniziano a intrattenere uno scambio epistolare attraverso cui conoscersi. Nasce tra loro un grande affetto e ciò le porta negli anni a passare le vacanze insieme.

C’è molto affetto tra loro e gli altri fratelli ma anche con la loro madre e la madre di Valeria. Infatti le due donne nel tempo imparano a conoscersi, scoprendo così che negli anni, il padre di Valeria non aveva mai smesso di parlare della primogenita agli altri figli.

Le donne della sua storia

In tanti aneddoti escono le figure femminili della vita di Valeria, compresa lei stessa. Donne forti, indipendenti, che hanno saputo sfidare i preconcetti cercando il loro posto nel mondo.

Valeria è il risultato di tutto questo: una donna che ha conosciuto il bullismo in tempi in cui era più sottile di oggi, perché vestito di parole e non di gesti violenti, ma altrettanto doloroso e traumatico. Ha vissuto sulla sua pelle il fatto di provenire da una famiglia non tradizionale che in quegli anni non era certo facile da affrontare: da un lato il sentirsi abbandonata, dall’altro le malelingue e la pressione a cui era sottoposta.

La capacità di adattarsi al cambiamento nonostante l’esser stata sradicata dalla sua terra tanto amata e dalle sue origini, per ricominciare in un luogo molto diverso e con una mentalità molto difficile da accettare. E tutto questo vissuto dentro di sé per non dare preoccupazioni ulteriori a sua madre, mostrando già una grande forza caratteriale e una certa resistenza al dolore.

Ascoltarla raccontare la sua storia è stato molto intenso, per via delle vicissitudini non facili, ma Valeria ha una dote: non è una persona che si piange addosso. Per quanto mi arrivi la sua sensibilità, leggo nelle sue parole una grande dignità unita anche ad un pizzico di ironia che ha reso ancora più piacevole ascoltarla.

Riguardo a Crema

Per Valeria, che di luoghi in cui abitare ne ha cambiati parecchi, Crema è un posto in cui sentirsi sicura, protetta. A differenza di Milano, Crema le ha sempre dato l’idea di poter vivere tranquilli, dove anche sua figlia da ragazzina poteva uscire senza incorrere nel pericolo.

Ha sempre amato il fatto di potersi muovere agilmente a piedi, senza per forza dover usare l’auto o i mezzi pubblici. Abituata alle dimensioni delle grandi città, Crema per lei è sempre stata facile da girare da un capo all’altro.

Seppur apprezzando il fatto che le contenute dimensioni permettano una vita più facile, con tutti i servizi a disposizione, ammette che proprio questo è stato per lei un po’ un limite in passato, arrivando a darle persino un senso di claustrofobia vedendo la ristrettezza di certi paesini del circondario

La Chiesa di S. Giacomo a Crema (Cr), il luogo scelto da Valeria per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
La Chiesa di S. Giacomo a Crema (Cr), il luogo scelto da Valeria per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Valeria e la fotografia

Il rapporto con la fotografia è sempre stato un po’ difficile per lei. Ricorda che da giovane suo marito aveva sviluppato la passione per la fotografia e aveva creato in casa una camera oscura in uno sgabuzzino, e lei si prestava per farsi ritrarre, prendendola come un gioco.

Diverso è quando si ritrova davanti ad un obiettivo esterno. In quei momenti si sente a disagio perché tende a focalizzarsi su quelli che ritiene dei difetti estetici che non le piace rivedere in fotografia.


Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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