Donne di Crema: il ritratto di Rosella

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Donne di Crema mi ha dato una grande possibilità: incrociare donne che con le loro storie e le loro esperienze mi permettono di crescere ogni giorno di più dal punto di vista umano oltre che professionale. Mi insegnano a non perdere la voglia di fare, di credere che le cose miglioreranno e che si può sempre ricominciare, nonostante tutto.

La storia di Rosella è l’esempio di chi ha saputo ritornare a vivere nonostante un dolore immenso che l’ha annientata, ma ha trovato il modo di ricominciare per i suoi figli e per se stessa e ora riesce a sorridere della sua nuova vita.

L’incontro

La storia di Rosella inizia con le sue origini a Notaresco, un piccolo paese dell’Abruzzo, che lascia a cinque anni, insieme ai suoi genitori e ai suoi nove fratelli, per raggiungere Milano.

Della sua infanzia abruzzese non ha ricordi, a differenza dei suoi anni milanesi che simboleggiano per lei la sua vita da bambina e poi da adolescente. Un cambiamento drastico che la incuriosiva molto passare da un piccolo paese del sud ad una città come Milano, percorso che poi farà al contrario quando lascerà la città per trasferirsi in un paese di campagna, alle porte di Crema.

Il ritratto di Rosella per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Rosella per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Rosella

Degli anni della scuola ricorda di essersi inserita bene in quel nuovo contesto e di esser riuscita a coltivare dei bei rapporti con i suoi compagni di scuola, tanto che a distanza di anni le sue vecchie amicizie le fanno notare di “avere mantenuto lo stesso sorriso solare di allora”.

Un sorriso che le è sempre venuto naturale e che ha sempre regalato a tutti e in proposito condivide con me un suo pensiero che si porta dentro da sempre:

“Il sorriso e la gioia possono essere pubblici, il dolore no. Io il dolore lo racconto solo a pochi.”

Rosella

È stata una bambina ribelle, a detta di sua sorella, e col senno di poi ha capito che la sua ribellione era data dal fatto che non ha mai sopportato le ingiustizie e ha sempre reagito davanti ad esse.

Nata in una famiglia numerosa, ricca d’amore

Rosella nasce quando i suoi genitori sono già avanti negli anni, perché è l’ultima di dieci figli. Il padre, di umili origini era un contadino che non aveva avuto la possibilità di studiare, ma che aveva imparato a leggere quando Rosella era alle Medie. Sua madre la ricorda come una gran donna, molto presente per i figli, che ha saputo dare loro molti insegnamenti.

Avendola avuta avanti negli anni, spesso veniva scambiata per sua nonna, e questa cosa a Rosella dava parecchio fastidio. Una donna semplice, dalla forte sensibilità, capace di aprire la mente, a differenza del marito che aveva una mentalità molto chiusa.

Ricorda con grande amore la figura materna, capace di ascoltare i figli e con cui sapeva confrontarsi. Essendo Rosella l’ultima dei fratelli, è conscia di aver avuto un’infanzia più piacevole rispetto agli altri e di aver avuto maggiori attenzioni sotto tutti i punti di vista.

Sua madre è stata un esempio su tutto, ha saputo accudire i figli con grande amore, nonostante le grandi difficoltà economiche e ha saputo tramandare loro la capacità di mettere amore in ogni cosa.

L’incontro con l’amore

A diciotto anni, Rosella conosce l’amore in Gianni, un ragazzo che a quei tempi viveva nell’appartamento sopra al suo. A vent’anni, nel febbraio del 1978, vanno a vivere insieme e dopo poco tempo scoprono di aspettare il loro primo figlio.

Una data molto importante, perché segna per loro l’inizio della loro nuova vita insieme e per Rosella la sua stessa vita inizia quel 16 febbraio.

Non è stato facile per loro all’inizio, perché la famiglia di suo marito aveva programmi diversi per il figlio. Lo avrebbero voluto sposato con una ragazza di una famiglia scelta da loro e non accettano il legame con Rosella.

Rosella appartiene ad una famiglia molto unita, dove vige l’amore e il rispetto profondo. Con suo marito riesce a creare una nuova famiglia e se possibile ancora più unita, composta da cinque figli molto legati tra loro.

Un legame che li porta a consultarsi tra loro fratelli ogni volta che devono prendere una decisione e poi come ultimo confronto, quello con la madre, anche oggi che sono tutti adulti. Da un lato questa cosa la rende orgogliosa e felice del valore che i figli le riconoscono, dall’altro, a volte sente un po’ la responsabilità di tale compito.

Il trasferimento nel cremasco

Per porre distanza tra la famiglia di suo marito e la loro nuova vita, Rosella e il marito decidono di lasciare Milano e scoprono, grazie ad una sorella che già viveva in zona, la campagna cremasca.

Approdano in una paese poco distante da Crema, e trovano un cascinale da ristrutturare disperso nei campi, dove poter vivere la loro vita in pace e attorniati dalla natura. All’inizio non è stato facile dover iniziare una nuova vita da soli, senza la sua famiglia di origine accanto, in una casa da sistemare senza nemmeno il riscaldamento e molto isolata, ma avevano una motivazione forte che li  sosteneva.

“Io avevo bisogno di stare con mio marito, noi due, vivere il nostro amore. E la scelta di vivere così isolati è stata dettata anche da questo.”

Rosella

La figura importante del marito

Suo marito era figlio unico e aveva pagato il prezzo per questo perché la sua famiglia si aspettava da lui grandi cose e tutto ciò che lui aveva realizzato non è mai stato apprezzato abbastanza. Dal canto suo desiderava avere una famiglia numerosa e con Rosella può realizzare il suo sogno.

Un uomo che si adatta al cambiamento, pronto ad abbandonare il suo stile di vita benestante per rimboccarsi le maniche e provvedere alla sua famiglia. Inizia a lavorare pesantemente in un macello per poi negli anni diventare un auto trasportatore.

Alle sue spalle la sua famiglia non ha mai visto di buon occhio il suo rapporto con Rosella, e ha cercato in tutti i modi di separarli, ma senza riuscirci. Una famiglia del sud, in cui gli interessi economici e l’immagine sono più importanti di tutto il resto e grazie alla forza del loro amore, e della piena fiducia tra loro, Rosella e il marito possono superare gli ostacoli che il padre di Gianni mette sulla loro strada.

La loro famiglia inizia a crescere

In pochi anni la loro famiglia inizia a crescere con l’arrivo dei primi tre figli in quattro anni. Vivono in modo molto semplice, nella natura, stretti negli affetti e pronti ad accogliere i fratelli di Rosella con le loro famiglie, per grigliate e pranzi di famiglia tutti insieme.

Sono anni in cui le difficoltà economiche si fanno sentire, ma l’amore che li lega e che tiene unita la famiglia, riesce a far superare loro ogni ostacolo che incontrano sul loro cammino.

“Per me Gianni era la mia metà della mela. Per i nostri figli e per i nostri amici noi eravamo la coppia da ammirare e imitare, una coppia speciale.”

Rosella

Gli anni scorrono serenamente per loro, vivono una vita fatta di cose semplici. I figli crescono rapidamente e arriva per Rosella e suo marito, il momento in cui possono tornare a vivere la loro coppia, concedendosi di tanto in tanto dei weekend in camper, solo per loro.

I primi figli sono ormai adulti e possono badare alla sorella più piccola che a quei tempi aveva dieci anni.

L’imprevedibile che stravolge tutto

E’ durante uno di questi weekend che purtroppo accade l’imprevedibile, un lutto sconvolgente: suo marito muore improvvisamente per un infarto e un arresto cardiaco a soli cinquant’anni.

Rosella è da sola quando il marito si sente male, si sente impotente, non sa cosa fare, ma la verità è che non avrebbe potuto fare nulla per salvarlo, come le spiegheranno in seguito i medici.

In quei drammatici istanti è sola a gestire la situazione. Non riesce a chiamare i suoi figli per avvisarli di ciò che era accaduto, ma sarà suo fratello ad aiutarla in quei momenti drammatici.

“Io ho avuto due vite: una prima della morte di Gianni, e una dopo la morte di Gianni. Due vite completamente diverse.”

Rosella

Tutto si ferma

Per Rosella la vita si ferma: un blackout totale. Le viene a mancare il suo punto di riferimento, il suo grande amore e il suo migliore amico, quello a cui raccontava tutto. Si sente persa e si chiude nel suo mondo.

I suoi figli le si stringono attorno cercando di non lasciarla mai sola, ma vedendo che la madre non dava sfogo al suo dolore erano molto preoccupati. Dal canto suo Rosella, non se la sente di sfogarsi davanti a loro per il suo pensiero che il dolore è troppo intimo per essere condiviso e mostrato, persino ai suoi figli.

E’ suo figlio che, dopo qualche mese, riesce a spronarla a reagire e da lì piano piano riesce a riprendere in mano le giornate. Capisce, grazie a lui, che non è solo una sua prerogativa stare male per quella perdita, perché anche i suoi figli l’avevano vissuta e che era suo dovere reagire anche per loro.

Inizia pian piano a riprendere in mano la sua vita e col tempo a pensare al loro futuro.

“Nonostante la difficoltà del momento mi sentivo serena dentro di me, perché sapevo che con Gianni ci eravamo detti tutto ciò che dovevamo dirci e ci eravamo dati tutto ciò che potevamo darci. Non avevamo rimpianti, eravamo sereni.”

Rosella

La difficoltà dell’elaborazione del lutto

A distanza di anni crede di non aver mai elaborato fino in fondo il lutto per suo marito. Solo due anni fa ha scartato una parte dei suoi abiti, ma ne ha conservati ancora alcuni nei cassetti della loro camera.

“Non è vero che il tempo aiuta. Tu vivi il quotidiano, ti arrabbi per le piccole cose, un parcheggio, una multa, ma poi arriva quel giorno che vivi un evento che ti fa arrivare addosso quel peso enorme. Un po’ come quando è arrivato il mio primo nipote e volevo essere da sola in ospedale, senza i mei figli.

Ricordo di non essere stata abbastanza accanto a mia figlia durante la gravidanza perché non volevo ammettere che la vita andava avanti. Avevo paura di non sapere godere della felicità che quel nipote mi avrebbe dato. In ospedale, da sola, ho capito che potevo farcela.

Quando sono andata a trovarli a casa ricordo di esser stata bene, fino al momento in cui ho chiuso la porta dietro alle mie spalle, per tornare a casa mia. In quel momento mi sono sentita un peso infinito sulle spalle, mi sono sentita terribilmente sola perché quel momento lo avrei dovuto vivere con Gianni.”

Rosella

Il primo soccorso

In seguito alla morte del marito, si rende conto che la sua vita non potrà più essere come prima e decide di iscriversi ad un corso di primo soccorso per poter essere d’aiuto in caso di emergenza, e questo la porterà poi a diventare soccorritrice del 118.

Non è un caso che il primo corso a cui si iscrive sia proprio questo, perché ricorda bene il suo senso di impotenza davanti al marito in fin di vita e la frustrazione del non aver potuto fare nulla per salvarlo. I medici le avevano poi confermato che anche se avesse avuto una preparazione non avrebbe potuto salvarlo.

Ha chiaro nella sua mente un proposito: “Mai più nella mia vita mi deve succedere che io non sappia cosa fare.”

Ricominciare da se stessa

“Nella vita senza mio marito ho potuto dimostrare a me stessa quante cose avevo dentro che non ho mai sfruttato, non perché mi fosse impedito, ma perché non ce n’era bisogno. Vivevo nella mia isola felice e non avevo bisogno di dimostrare niente a nessuno. Avevo le mie soddisfazioni e mi andava bene così.”

Rosella

Riprende in mano la sua vita a poco a poco e come ogni anno, a dicembre, è presente alla vendita dell’Unicef delle pigotte (*bambole in pezza cucite a mano che Rosella ha cucito per anni) per una raccolta fondi. È qui che incrocia una conoscente che le aprirà le porte su una nuova realtà.

La donna la spinge a proporsi come volontaria all’Anffas e, nonostante i suoi dubbi iniziali relativi a ciò che avrebbe potuto fare per loro, Rosella decide di provarci.

Inizia per lei una nuova esperienza, prima come volontaria una volta a settimana, in cui si occupa di accompagnare i ragazzi in piscina e poi pian piano inizia ad aumentare le ore che dedicava a quella nuova attività.

Ammette che inizialmente si avvicina a quella realtà per il bisogno di stare fuori di casa, perché non pensava di poter offrire chissà quale competenza, ma poi pian piano si lega sempre più a quei ragazzi che la facevano stare bene e le davano moltissimo e capisce che la sua empatia e la capacità di prendersi cura di loro è già un ottimo punto di partenza per aiutare.

La scoperta di una nuova realtà

“I ragazzi disabili non ti guardano per quella che sei, ma per come ti poni. A loro non interessa come sono i tuoi capelli o come sei vestita, a loro interessa ben altro.”

Rosella

Le sue presenze in Anfass aumentano sempre di più fino al punto che le viene chiesto di lavorare per loro, lavoro che dura da circa quattordici anni.

“All’inizio, a parte la mia empatia che mi portava ad essere la mamma di tutti, non avevo delle vere e proprie qualifiche o certificazioni. Ho così deciso di conseguire una certificazione che mi facesse sentire più tranquilla e responsabile.”

Rosella

Lo studio

Si rimette a studiare e dovendo seguire corsi che prevedevano la presenza, inizia per lei un periodo molto duro in cui deve conciliare lo studio con i turni di notte o nei weekend, perché non poteva permettersi di non lavorare perché doveva provvedere al mantenimento dell’ultima figlia ancora piccola.

Un impegno immane che tutt’ora si chiede come sia riuscita a superare, ma a quei tempi ricorda che si prefiggeva un obiettivo alla volta.

Riesce ad ottenere le sue certificazioni e questo la fa sentire orgogliosa di sé e pronta a una nuova sfida. Decide così di iscriversi alle scuole serali allo Sraffa per conseguire la maturità, che non aveva raggiunto da ragazza perché essendo rimasta incinta del suo primo figlio aveva interrotto gli studi.

Si diploma in Tecnico dei servizi sociali sanitari con una tesi molto delicata sulla tematica dell’assistente sessuale al disabile. Un argomento molto importante ma troppo poco trattato, su cui si è documentata e confrontata parecchio nel corso degli anni.

Empatia, voglia di capire e conoscere

La voglia di capire, approfondire e conoscere, di Rosella, unite alla sua empatia e  sensibilità, la portano ad essere una persona in grado di ascoltare gli altri e prendersene cura.

Queste caratteristiche fanno sì che alcuni anni fa, il Sindaco del suo paese la contatti per chiederle di diventare Assessore in Comune, avendola vista in azione nell’organizzazione di alcuni eventi per beneficenza. La prima reazione di Rosella è stata quella di rifiutare pensando di non aver le capacità necessarie per ricoprire tale ruolo.

Dopo un confronto con i suoi figli decide di buttarsi anche in questa nuova esperienza che la vede nel ruolo di Assessore al sociale e alla cultura e col tempo anche Vice Sindaco.

Un’esperienza che le insegna parecchio, che le piace molto e che le dà la conferma anche delle reali sue capacità.

“Ho sempre cercato di trovare il lato positivo in tutto ciò che ci succede e persino dalla morte di Gianni ho cercato di capire quale potesse essere il lato positivo di tale dolore e tale perdita. Per me è stato quello di dimostrare a me stessa, che potevo farcela e quante cose avevo da dare.”

Rosella

Il ricordo del marito è sempre vivo

Per Rosella e i suoi figli il ricordo del marito e del padre è sempre molto vivo, è una presenza costante, attraverso le foto in casa, gli oggetti, ma anche nei dialoghi in cui lo nominano spesso.

Tanto che hanno deciso di portare avanti un rito ad ogni Natale: sotto l’albero non manca mai un piccolo regalo per lui.

“Ad ogni Natale, io o i miei figli, a turno, compriamo un piccolo fiore in vetro di Murano, lo impacchettiamo, lo mettiamo sotto l’albero per Gianni e la sera della vigilia lo apriamo tutti insieme e lo depositiamo in un vaso in vetro, in camera mia.”

Rosella

Ci tiene a sottolineare che per quanto il loro amore era fortissimo, hanno vissuto anche dei momenti di crisi, come ogni coppia, ma il bene che si volevano e il bisogno di stare insieme erano talmente forti che sono sempre riusciti a superare i momenti di difficoltà e ricominciare ogni volta più uniti che mai.

“Siamo sempre riusciti a trovare una via di fuga e una soluzione. Ogni volta che abbiamo ritrovato la strada, siamo stati sempre meglio di prima, come se avessimo aggiunto un nuovo tassello a quello che avevamo prima.”

Rosella

Riguardo a Crema

Ha sempre trovato Crema una cittadina molto bella, piccola per lei che veniva da Milano, ma ne ha sempre apprezzato la bellezza di certi luoghi, tra cui la magnificenza del Duomo a cui è legata anche per un ricordo speciale del suo amore per il marito. Da mamma ha sempre vissuto molto i luoghi dedicati ai giochi dei bambini, come il Campo di Marte.

Crema è il luogo in cui ha vissuto di più e si sente molto legata ad essa, rimpiange solo di non aver mai avuto molto tempo da dedicare alla classica “vasca” anche solo per un caffè in centro. Avendo vissuto molto la vita nei paesi limitrofi e la campagna circostante, Crema per lei è sempre stata il punto di riferimento per qualunque attività avesse da fare sia legate ai figli che allo sport e alla vita di tutti i giorni.

Forse ciò che potrebbe essere migliorato sarebbe il servizio di mezzi pubblici che rispetto a Milano non sono così alla portata, ma si rende anche conto che date le sue piccole dimensioni è facilmente raggiungibile da un punto all’altro sia a piedi che in bicicletta. Anche per lei, come per tante altre Donne di Crema, le dimensioni della nostra cittadina sono “a misura d’uomo” e sono giuste così perché una città più grande corre il rischio di essere più dispersiva. Le misure di Crema la rendono adatta ad una vita comoda e tranquilla e in più vi si trova tutto ciò che serve e offre tanto ai suoi residenti.

Il Duomo di Crema (Cr), il luogo scelto da Rosella per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
Il Duomo di Crema (Cr), il luogo scelto da Rosella per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Rosella e la fotografia

Davanti alla macchina fotografica si sente molto a disagio, tanto da non essersi quasi mai fatta un selfie in vita sua. Non ama farsi fotografare soprattutto quando sa di essere fotografata, soprattutto se è da sola. Ci sono delle eccezioni, in cui viene fotografata e si piace e sono per esempio i casi in cui, in veste di vice sindaco, le è capitato di celebrare dei matrimoni. In quei casi, rivestendo un ruolo ufficiale non vive male il momento perché oltre ad essere impegnata nel suo ruolo, non mostra la sua anima più intima e personale, ma sa che sta rappresentando un ruolo istituzionale.

Ma è ben diverso quando è Rosella ad esser davanti all’obiettivo, e mi confessa che lo stesso disagio lo prova anche quando si ritrova ad aprire un regalo davanti a qualcuno, mostrando quindi la sua difficoltà nell’essere al centro dell’attenzione.


Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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