Donne di Crema: il ritratto di Michela

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“Donne di Crema” significa anche scoprire donne non native della cittadina, ma trapiantate qui per i casi della vita. Donne adottate dalla comunità in cui si sono inserite, a volte facilmente, a volte, con qualche difficoltà in più, ma tutte che si sono lasciate conquistare dalla bellezza di Crema e dalla vita tranquilla.

Questo è ciò che ha vissuto anche Michela, una cremasca d’adozione, nata e cresciuta a Genova, dove ha vissuto per gran parte della sua vita. Tredici anni fa si trasferisce a Crema per seguire le esigenze lavorative di suo marito.

L’incontro

Michela è una musicista professionista, che ha vissuto la sua vita con la passione della musica e con la voglia di migliorarsi sempre, anche se, è con la maturità, che ha capito che ciò che conta sono le emozioni trasmesse sul palco, e non la perfezione stilistica.

Una donna che ha sofferto molto ma che non ha mai perso la voglia di ricominciare, anche in un luogo molto lontano dalle sue radici.

Il ritratto di Michela per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Michela per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

Abituata fin da bambina a viaggiare, ammette di non essersi mai sentita legata ad un territorio, ma ha sempre sentito Genova come la sua casa e la vita lì, le è sempre sembrata familiare. Non mette radici da nessuna parte e in questo il suo lavoro da musicista è sicuramente complice.

Un lavoro che le ha dato la possibilità di viaggiare parecchio e di conoscere moltissime persone e di avere un respiro più ampio, come persona, non legato strettamente ad un luogo di residenza.

Una mente matematica e la passione per la musica

Ha studiato a Genova e frequentato contemporaneamente il Liceo Scientifico e il Conservatorio. Mente matematica da un lato e fortissima passione per la musica dall’altra, riesce a far convivere questi due lati di sé.

Si iscrive alla facoltà di Chimica, che frequenta per un paio d’anni, dopodiché si trova a dover fare una scelta, avendo sia in Università che al Conservatorio, l’obbligo di presenza. Sceglie di continuare con la musica, una strada più impervia e meno sicura rispetto a quella che avrebbe avuto seguendo gli studi di chimica, ma la passione prende il sopravvento e il cuore sceglie la musica.

Nella sua famiglia la musica è sempre stata molto presente. Sia suo padre che suo nonno suonano e trasmettono a Michela la passione per questa arte. Ricorda che già a quattro anni, suo nonno, che era un chitarrista, le metteva in mano una chitarra classica.

La musica come espressione

“La musica è sempre stata per me il mezzo espressivo per eccellenza, nonostante ti metta a confronto con tutte quelle che sono le tue particolarità, le tue insicurezze. E’ veramente un confronto durissimo perché nel momento in cui ti presenti in pubblico, metti a nudo te stesso con tutte le tue fragilità. Questa è una cosa che quando si è giovani non si percepisce, poi avviene una coscienza graduale, via via che si cresce e il performare diventa più complesso e si pretende di più da se stessi.”

Michela

“Sono una perfezionista quasi maniacale e questo non mi aiuta. Ecco perché il messaggio che voglio trasmettere ai miei allievi è quello di scindere le cose: il perfezionismo nella fase di studio è fondamentale perché ti permette di ambire al massimo e metterti alla prova per raggiungere il massimo. Nel momento della performance invece, ciò che importa è ciò che passa, non importa se sbagli una nota.”

Michela

Insegnamenti importanti che ha imparato sulla sua pelle lungo un percorso personale su se stessa.

Una valvola di sfogo

E’ sempre stata una bambina molto matura, essendo i suoi genitori spesso impegnati col lavoro, hanno sempre cercato di responsabilizzare la figlia. La musica è sempre stata una passione, una valvola di sfogo e nessuno l’ha mai obbligata a studiarla, ma è stata per lei una scelta naturale.

“La musica è fatica, è un rigore quasi monacale. A posteriori, dopo quarant’anni di studio e pratica, mi rendo conto dei sacrifici che la musica mi ha richiesto. Quando da giovane vedi i tuoi amici che vanno in vacanza e tu passi il tempo a studiare e a fare pratica. O quando andavi in vacanza e al ritorno ne scontavi il prezzo. Per i miei figli non ho voluto che si dedicassero alla musica perché so quale sia il prezzo da pagare.”

Michela

Gli anni di studi

Il suo percorso di studi musicali inizia in prima media con l’iscrizione al Conservatorio. Essendo le classi a numero chiuso, quando è il suo turno, la classe di chitarra classica a cui si sarebbe voluta iscrivere è al completo. Viene detto ai suoi genitori che per non perdere l’anno poteva iniziare con la classe di arpa e poi passare, l’anno successivo a quella di chitarra, ma per Michela quello strumento è una scoperta di cui si innamora subito e da lì non l’ha più lasciato.

Il grande amore per la matematica la porta ad iscriversi al Liceo Scientifico e porta avanti contemporaneamente gli studi al Conservatorio.

L’inizio dell’adolescenza e le difficoltà con un’insegnante del Conservatorio molto dura che la osteggiava sulla sua scelta di portare avanti entrambi gli studi, al posto che scegliere di frequentare solo il Conservatorio, iniziano a pesare a Michela. Vedendo i suoi amici uscire e divertirsi e per la situazione divenuta troppo pesante, decide di abbandonare il Conservatorio per un paio d’anni.

Dopo aver saputo che quell’insegnante temuta era andata in pensione, Michela valuta l’idea di ritornare al Conservatorio. Scelta che poi segue negli ultimi due anni di Liceo e i primi due anni di Università.

Gli ultimi due anni di Conservatorio, frequenta parallelamente anche una scuola di musica a Fiesole, dove ha conosciuto un’insegnante straordinaria, Claudia Antonelli, che aveva collaborato con i più grandi compositori dell’epoca.

La scoperta della malattia

L’anno in cui lascia l’Università, a ventidue anni, durante una trasferta a Cattolica per un concorso musicale, si sente male e viene operata d’urgenza. La diagnosi è che soffre della Malattia di Crohn (ndr: un’infiammazione cronica intestinale che può colpire tutto il tratto gastrointestinale).

“La malattia è una compagna di vita da ventisette anni, ormai, con cui ho imparato a convivere. Non seguo scrupolosamente una cura, e un amico chirurgo, mi riprende su questo aspetto perché poi è lui a dover intervenire ogni volta che sto male.”

Michela

Nonostante la malattia, ha continuato a fare il lavoro che ama anche se non ha copertura per i periodi di malattia e non ha nessuna stabilità o certezza come nel caso dei lavori più tradizionali.

Ha scelto di fare la musicista e ha sempre rifiutato l’idea di lavorare come insegnante nelle scuole medie, come fanno tanti suoi colleghi, assumendosi i rischi della precarietà che un lavoro simile comporta.

Il confronto col pubblico

L’impatto con le esibizioni in pubblico, per Michela, non sono mai state facili, essendo lei una perfezionista. Ha sempre avuto la sensazione di non aver mai studiato abbastanza e questo la faceva esibire non al massimo delle sue possibilità. Quando al contrario, saliva sul palco convinta delle sue capacità, riusciva ad esibirsi al meglio realizzando delle performance straordinarie perché riusciva a sentirsi a suo agio.

“C’è sempre stata una sorta di auto sabotaggio, perché se non c’era la perfezione assoluta, non c’era lo stato d’animo giusto e questo ha complicato tanto le cose.”

Michela

E’ un aspetto su cui ha lavorato parecchio, nel corso della sua vita.

“Salire sul palco resta per me una grandissima emozione, e mi auguro che resti per sempre, però l’abitudine aiuta tanto e arrivi a capire come gestire la situazione.”

Michela

Gli ultimi anni di studi e l’inizio del lavoro

Ricorda l’ultimo anno di Conservatorio come un anno molto travagliato perché la sua insegnante, a cui era molto legata, fu costretta a scegliere se continuare ad insegnare o continuare a suonare in un’Orchestra (è di quei tempi una nuova regola che impediva ai professionisti di fare entrambe le cose). L’insegnante scelse di proseguire con l’Orchestra, mollando i suoi studenti che videro un susseguirsi di sostituzioni tra gli insegnanti.

Non fu per niente facile per Michela anche se per lei avere la continuità con la Antonelli (della scuola di Fiesole) fu fondamentale come punto di riferimento per poter conseguire il diploma.

Una volta diplomata al Conservatorio inizia ad affacciarsi al mondo della carriera musicale con il pieno sostegno da parte dei suoi genitori, scoprendo che il vero studio inizia dopo il diploma.

Il passaggio al mondo del lavoro è stato molto duro, perché la scuola non fornisce agli studenti tutti gli elementi per potersi muovere nell’ambito professionale, tra cui il marketing per promuoversi.

Ha dovuto imparare a suo spese come muoversi e come vendersi e determinare il suo valore anche dal punto di vista economico.

L’amore la porta ad un cambiamento

Parallelamente, nella sua vita personale incontra un suo ex compagno di Liceo, con cui scoppia presto l’amore che li porta poi a sposarsi e a creare la loro famiglia.

Inizia a lavorare nel settore degli eventi e ci si butta da imprenditrice, iniziando a partecipare alle fiere dedicate agli sposi per procurarsi contatti. Scopre un boom pazzesco, ma si scontra con le difficoltà di trovare colleghi aperti alla collaborazione, scoprendo una mancanza di preparazione dal punto di vista del marketing in tanti professionisti.

Dopo la nascita dei loro figli, suo marito (oggi ex), inizia a seguire un lavoro nella zona cremasca e a passare parecchio tempo lontano dalla famiglia.

Michela capisce che una situazione del genere non può funzionare a lungo e decide di raggiungerlo e ricominciare col suo lavoro in un nuovo contesto.

Ricorda con simpatia la scoperta della nuova casa: dopo aver passato un weekend intenso a cercare una sistemazione adeguata, con suo figlio che piangeva in ogni nuova casa che vedevano, nell’ultima, che poi hanno scelto come sistemazione, ricorda che il bambino si era messo a giocare con la sorella in maniera naturale.

Un nuovo inizio e nuove difficoltà

Il primo anno è stato molto difficile per lei perché non conosceva nessuno, si sentiva isolata, col suo strumento e con i figli. Decide di esaudire un suo sogno e si iscrive ad una scuola professionale serale per diplomarsi cuoca e questo le permette di iniziare a lavorare come aiuto cuoco in alcuni ristoranti e pian piano costruisce la sua rete di contatti.

Dopo il primo anno a Crema, sua figlia inizia le elementari, e ad ottobre di quell’anno scoprono che è diabetica e per Michela inizia un periodo massacrante tra l’Ospedale a cui alternava le ore per la preparazione di un concerto che si sarebbe tenuto da lì a breve.

Dopo quelle due settimane pesantissime emotivamente oltre che psicologicamente, è a quel concerto che capisce che c’è molto altro oltre la perfezione.

In accordo col marito decidono di far vivere alla figlia una vita normale, nonostante la malattia, e quindi si organizzano e la spronano a seguire uno sport o le sue passioni e a frequentare gli amici, con le dovute attenzioni.

Il crollo

Per cercare di non far pesare sulla figlia quella situazione, Michela si assume il carico emotivo della faccenda, ma ciò la porta, ad un certo punto ad avere un crollo psicologico sfociato in depressione, che doveva comunque cercare di nascondere. Questo crea una frattura con suo marito che termina poi in una separazione.

“Mi considero una fenice sempre pronta a ricostruirsi dalle ceneri, sempre come se ogni giorno fosse il primo giorno, senza mai fermarsi e darsi per vinti.”

Michela

Un altro stop e una nuova ripresa

L’anno scorso aveva un’agenda piena di eventi ma con lo scoppio della pandemia si è vista stravolgere tutti i suoi piani. Nonostante non sia di carattere una persona che si abbatte, ammette che il colpo è stato davvero duro. Si è arrovellata in cerca di una soluzione per poter sopravvivere, dovendo far fronte alle spese senza poter contare su un’entrata economica e ciò la porta a sentirsi male e ad essere operata d’urgenza. Decide di prendersi così un mese di stacco completo da tutto e si rifugia dai suoi genitori a Genova, per poter riprendere le forze fisicamente e psicologicamente.

Con il ritorno alla zona rossa dell’autunno un nuovo stop dopo i primi segnali di ripresa, ma in quel caso ha saputo far fronte a quella situazione, inventandosi delle dirette sui social con cui interagire col suo pubblico e poter continuare così a performare cosa che le mancava moltissimo, per tenere attivo il cervello.

Riguardo a Crema

L’impatto, ammette che è stato duro, passando da una grande città ad una realtà piccola come quella di Crema, tanto da chiedere al marito di vivere in centro, perché abituata a stare nel centro di Genova, la campagna cremasca la faceva sentire spaesata.

Non è stato semplice inserirsi nella nuova comunità perché venivano visti come “i forestieri”. Però pian piano ha scoperto una giovialità che a Genova non aveva mai conosciuto.

“A Genova siamo famosi per essere ruvidi. Il genovese è ruvido subito, ma se ti lascia entrare, perché capisce che si può fidare, ti dà tutto il suo cuore. A Crema, ho visto una bella accoglienza ma ho avuto l’impressione che fosse superficiale e che non ti accogliessero veramente.”

Michela

Nonostante siano ormai molti anni che vive a Crema, sente di non esser ancora considerata una cremasca, anche se ha creato ormai moltissimi legami d’amicizia oltre che professionali, e di questa cosa un po’ se ne dispiace. Inoltre ha riscontrato una netta differenza tra Genova e Crema, basata sul fatto che nella prima la gente non bada a chi sei o cosa fai, mentre nella mentalità di provincia c’è ancora questo guardare all’altro e a farci pettegolezzo.

I lati positivi

Ciò che ha apprezzato fin dall’inizio è stata la piccola dimensione, soprattutto quando i suoi figli erano piccoli. Si sentiva tranquilla ed era più facile organizzarsi perché date le dimensioni del posto, se volevano fare uno sport erano liberi di farli perché i luoghi erano facilmente raggiungibili. Mentre in una città grande come Genova si era costretti a scegliere anche in base alla collocazione geografica per limitare gli spostamenti.

Col tempo ha imparato ad apprezzare la campagna cremasca, acquistando una casa con giardino dove poter vivere questa nuova dimensione. Essendo cresciuta in un quartiere è sempre stata abituata a comprare nei negozi del quartiere e questa è una cosa che ha riportato an

Il Santuario del Marzale a Ripalta Vecchia (Cr) il luogo scelto da Michela per il suo ritratto per il progetto "Donne di Crema" (C)Monica Monimix Antonelli
Il Santuario del Marzale a Ripalta Vecchia (Cr) il luogo scelto da Michela per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Michela e la fotografia

La fotografia è sempre stata una sua passione, grazie anche ad un caro amico che l’ha introdotta ad essa. Ha avuto anche un fidanzato fotografo che la fotografava tanto e ha conservato quei bei ritratti che sviluppavano insieme in camera oscura. Col tempo ha abbandonato quella passione, continuando a scattare col cellulare.

“Ho molto rispetto per la figura del fotografo, credo che attraverso la macchina fotografica, i fotografi, riescano a percepire l’anima della persona che hanno davanti.”

Michela

Quando è lei davanti alla fotocamera, ha sempre paura che appaia l’imperfezione o un’espressione strana. Pensando che il fotografo possa cogliere l’anima della persona, è convinta che riesca anche a cogliere il momento giusto in cui fotografarla e quindi rendere la persona bella, perché attraverso i suoi occhi vede ciò che la persona vuole mostrargli.

“Se riesci a mostragli te stesso, lui lo coglierà e lo trasmetterà.”

Michela

Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.


Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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