Donne di Crema: il ritratto di Anca

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Gli incontri virtuali con le “Donne di Crema” proseguono con un buon ritmo. Tante nuove storie intense, alcune molte difficili, ma tutte vissute con la voglia di rimboccarsi le maniche e rimettere ordine in se stesse e nelle proprie vite.

Come la storia di Anca, che è densa di accadimenti e di difficoltà, ma da cui è riuscita a trovare un risvolto positivo per cercare di essere di aiuto agli altri.

L’incontro

Con Anca ci siamo conosciute molti anni fa, quando faceva la modella. Abbiamo lavorato insieme alcune volte. Tante cose sono successe negli anni in cui ci siamo perse di vista e ascoltarla è stato molto emozionante. Vedere come è riuscita ad affrontare ogni ostacolo sulla sua strada, mi restituisce un’immagine di lei davvero tosta.

Il ritratto di Anca per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Anca per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

Nasce in Romania, i suoi genitori vengono in Italia a cercar lavoro, mentre lei resta con la nonna materna con l’obiettivo di terminare gli studi.

Quando Anca ha dieci anni, la nonna si ammala gravemente e viene a mancare e i suoi genitori sono costretti a far venire Anca in Italia, nonostante non avessero ancora una situazione stabile dal punto di vista economico.

Per lei è molto dura, perché vuol dire cambiare radicalmente la sua vita da un giorno con l’altro e adattarsi ad una vita un po’ precaria.

Un nuovo cambiamento

Dopo qualche anno, in cui vivono a Milano, i suoi decidono di comprare casa a Offanengo.

Un ulteriore cambiamento per Anca, perché è passata da una città grande come Milano ad un paese piccolo come Offanengo, che a quei tempi era poco sviluppato e ha dovuto ricominciare da capo un’altra volta.

Per gli abitanti del paese loro sono “gli stranieri e per questo, motivo di curiosità e di pettegolezzo. Essendo però una famiglia tranquilla che non crea problemi, i compaesani si abituano presto alla loro presenza e ciò fa sì che il loro inserimento sia abbastanza naturale.

Gli anni delle Scuole Superiori non sono semplici per Anca perché dopo un paio d’anni di Liceo Scientifico a Milano, si vede costretta a cambiare scuola. Non porta a termine gli studi (cosa che farà anni dopo) perché inizia a lavorare come modella in un’importante agenzia di Milano, grazie a sua madre che, vedendola così alta e slanciata, le propone di tentare quella strada.

Il lavoro da modella

Ha sedici anni, Anca, quando inizia a fare la modella. Sua madre ha timore a lasciarla viaggiare da sola e la accompagna ad ogni casting, ed incontro di lavoro, in giro per il mondo. Ricorda gli sguardi lucidi delle altre modelle che incontrava ai casting, quando la vedevano con la madre accanto, visto che loro erano lontane dalla famiglia.

Nel 2006 suo padre, si sente male e quando arriva in ospedale è in condizioni molto gravi. Da quel momento inizia per loro una lunga serie di problemi.

I problemi di salute del padre proseguono, negli anni successivi, con fasi altalenanti e alcune molto gravi lo portano a condizioni molto delicate.

Nel mentre i suoi genitori divorziano e Anca si ritrova a dover gestire la situazione da sola.

Dopo essersi rimesso, suo padre fa ritorno in Romania, ma per ben due volte Anca è costretta a tornare a prenderlo perché stava male. Ha rischiato di perderlo a causa della malasanità pubblica rumena.

Decide di portare suo padre con sé, in Italia, per potersene prendere cura. Questo per lei significa smettere di fare la modella, perché non può più viaggiare all’estero e capisce che, ormai, quel lavoro non può garantirle una sussistenza adeguata.

Un nuovo inizio

Si ritrova nuovamente a dover ricominciare da capo: senza esperienza la ricerca di un lavoro non è per niente facile.

Trova un annuncio di una cooperativa che cerca operaie anche senza esperienza per confezionamento prodotti e inizia così il suo percorso lavorativo nel settore cosmetico. I primi anni da operaia sono per lei un incubo, per via delle condizioni a volte un po’ al limite in cui si ritrova a lavorare.

Nonostante questo ci mette molto impegno e conquista la fiducia delle sue responsabili. Viene mandata anche in altre aziende ed è in una di queste che incontra il suo attuale compagno, Francesco.

A quei tempi Anca era uscita da poco da una relazione importante, dopo che il suo ex compagno aveva troncato improvvisamente la relazione, lasciandola totalmente spiazzata e distrutta da quella decisione.

Non si lascia schiacciare dal dolore

Ha un crollo nervoso, ma dovendo riorganizzare la sua vita, e prendersi cura anche del padre, non può permettersi di rimanere a terra schiacciata dal dolore. Si rimbocca le maniche, si butta nel lavoro e questo fa sì che pian piano riemerge dal baratro in cui era sprofondata.

Quando conosce Francesco, ha molte paure nel rimettersi in gioco in campo amoroso e, vedendo che lui non é convinto di iniziare una relazione seria, preferisce non dar seguito alla frequentazione.

Ma evidentemente il seme era stato piantato e dopo alcuni mesi, Francesco si rifà vivo, con migliori intenzioni e Anca decide di dargli una seconda possibilità. Da allora non si sono più mollati e hanno costruito la loro famiglia, con il loro piccolo Stefano.

Un amore che si è costruito e saldato nel tempo e che sperano di poter coronare a breve con un matrimonio.

La nascita del figlio

Per lei le preoccupazioni non sono ancora finite. Dopo la nascita del bambino attraversa un periodo di depressione post partum.

“Quando vuoi un figlio è tutto bello, pensi di essere pronta. Ho avuto una gravidanza difficile che mi ha portata a prendere 30 kg. Poi ci sono cose a cui non sei pronta come i dolori del parto e le paure del dopo. Mi sono sentita sola.”

Anca

Voleva dimostrare agli altri che poteva farcela da sola, ma ciò le è costato notti insonni per settimane, perché il bambino dormiva di giorno anziché di notte, e non le dava modo di riposare. Ancora una volta però riesce a riprendersi da sola.

Rientrare nel mondo del lavoro

A sei mesi dal parto decide di rimettersi a cercare lavoro con tutte le difficoltà che la gestione di un neonato comporta, con i turni del lavoro.

Ha qualche difficoltà a rientrare nel mondo lavorativo e decide di seguire un corso per la riqualificazione lavorativa che le dà la possibilità di diventare un controllo qualità nel settore cosmetico. Ha qualche dubbio e qualche timore di non farcela, soprattutto perché non aveva mai avuto un lavoro di responsabilità come quello, ma dentro di sé si ripete:

“Nella mia vita non ho mai avuto un lavoro di responsabilità, non so se sono all’altezza, ma se non provo non saprò mai se posso essere in grado di farlo. Se resto sempre ferma, non vado da nessuna parte”

Anca

E così si è lanciata in questa nuova sfida, scoprendo un ambiente piacevole dove resta per alcuni anni, finché sopraggiungono i problemi con suo figlio.

I primi segnali che qualcosa non va

Quando il bambino ha un anno e mezzo, notano dei piccoli segnali. Il bambino cammina in punta di piedi e non parla ancora, ha dei suoi “riti” come quello di mettere i suoi giocattoli tutti in fila e se qualcuno li sposta ha delle crisi.

Iniziano a preoccuparsi e ad avere dei dubbi, che, parlando col pediatra, vengono confermati.

Il primo passo è una visita in neuropsichiatria e da lì inizia il percorso di osservazione con una psicologa e una neuropsichiatra. Alla fine di queste visite arriva la diagnosi: il bambino è nello spettro autistico.

La prima sensazione provata è lo smarrimento del non sapere cosa fare, la sensazione di essere soli a dover gestire una situazione per loro sconosciuta.

Aiutare gli altri

Ecco perché anni dopo decidono di creare un blog (https://www.howtism.com/).

Vogliono condividere informazioni utili e far sentire gli altri genitori meno soli e offrire loro informazioni utili che non sempre sono facili da trovare.

“Ciò che voglio è che mio figlio stia bene, che possa migliorare sempre, che possa avere una vita normale, che possa essere inserito nella società senza essere discriminato, senza esser vittima di bullismo, per questo lottiamo ogni giorno per l’inclusione di bambini come lui nella società”

Anca

Non è facile per Anca e il compagno capire cosa prova il bambino e vedere le sue reazioni li spiazza. Allo stesso tempo si vedono privati di una vita normale, non sono liberi di uscire col bambino come le coppie dei loro amici e questo aspetto, all’inizio è frustrante e pesante da sopportare.

L’aiuto dagli specialisti

Trovano un grande aiuto nella neuropsichiatria dell’Ospedale di Crema che ha creato per Stefano un progetto fatto di percorsi da seguire e ha indirizzato i suoi genitori per ottenere gli aiuti dello Stato (accompagnamento, invalidità totale, tagliando per i disabili).

“L’autismo è ancora un tabù, molti genitori fanno fatica a parlarne e altri non ne parlano del tutto. Non se la sentono di dire che il loro figlio è nello spettro autistico. Non intervengono sul bambino e questo fa sì che il bambino non avrà dei miglioramenti, non farà passi avanti. Al contrario intervenendo fin dai primi segnali, vengono studiate delle terapie di psicomotricità, logopedia e percorsi che possano aiutare il bambino a superare le sue difficoltà.”

Anca

“Sono molto legata a Crema anche per il nostro percorso con Stefano perché abbiamo avuto la fortuna di incontrare molti professionisti che mettono l’anima in tutto ciò che fanno e creano i “Progetti Vita” per questi bambini. Lo Stato aiuta i minori fino ai diciotto anni, dopodiché il ragazzo, viene lasciato a sé. Mentre la neuropsichiatria di Crema, nella persona della dottoressa Foppa Pedretti, insieme alla dottoressa Crivelli si impegnano nel progetto Vita, nel seguire questi bambini anche dopo aver raggiunto la maggior età, in modo che possano trovare un lavoro, avere una vita autonoma e avere aiuti anche da adulti.”

Anca

Nonostante Anca e Francesco siano molto giovani, pensano già al futuro di Stefano, qualora a loro dovesse succedere qualcosa. Ecco perché apprezzano moltissimo le iniziative come il progetto Vita, perché sanno che Stefano non sarà abbandonato a se stesso un domani.

Oggi Stefano è un bambino solare, ha imparato a parlare bene, e ha superato le difficoltà ad uscire di casa a dimostrazione che se seguito fin dalla tenera età il bambino può fare grandi miglioramenti.

L’esperienza di Anca

Anca mi confida che all’inizio non sapeva bene come comportarsi, perché tendeva a non dire della condizione di suo figlio. Poi col tempo, si è resa conto che non parlandone, rischiava di creare problemi a suo figlio.

Si è resa conto che anche in una visita di routine nel reparto di Pediatria, non avvisare i medici, voleva dire che loro lo trattavano come un bambino normale, ma questo poteva creare problemi al bambino stesso, perché magari lo toccavano in un modo che a lui dava fastidio e ciò scatenava in lui una crisi. Avvisando il personale medico, venivano assunti atteggiamenti studiati apposta per andare incontro al bambino e non causargli fastidi e problemi.

Col tempo, mi dice, che si impara a gestire tutto, calcolando le situazioni in cui potrebbe trovarsi il bambino. Se per esempio, si ritrovano con amici deve avvisarli di non fare troppo rumore o assumere atteggiamenti che possano urtare il bambino, perché questo vorrebbe dire causargli delle crisi difficili da contenere, e nel cercare di contenerle si rischia di far male, soprattutto al bambino. Quindi prevedere e prevenire sono sicuramente due aspetti da non sottovalutare per il suo benessere.

La scelta di lasciare il lavoro e di trovare una nuova strada

Per poter seguire Stefano, Anca decide di lasciare, anche se a malincuore, il lavoro che ama tanto. Dovendolo portare alle terapie e a seguire le varie attività necessarie, per lei diventa impossibile conciliare i turni di lavoro.

Non è stato per niente facile per lei quella scelta, perché ha significato la rinuncia alla sua indipendenza economica, per quanto il compagno non le abbia mai fatto pesare nulla e la sua soddisfazione come donna.

Visto che non sa stare con le mani in mano e vuole sentirsi realizzata, alcuni mesi fa, incappa in una nuova opportunità: entrare nel mondo del network marketing. Questo tipo di lavoro le permette di potersi gestire in autonomia da casa, conciliando le esigenze del figlio.

Questo le permette lavorare senza dover subire le discriminazioni che ha già vissuto in passato, nei confronti delle donne, soprattutto con figli.

Anche se è da poco che ha iniziato si sente già più soddisfatta di sé ed è un diversivo per la mente, perché in quelle ore che vi si dedica può staccare un po’ da tutto il resto.

Riguardo a Crema

Apprezza il fatto di vivere in un paese alle porte di Crema perché, oltre ad aver la possibilità di potersi spostare a Crema in pochissimi minuti e aver la possibilità di raggiungere l’Ospedale e tutti gli altri servizi utili, si sente calata in una comunità dove tutti si conoscono e si trovano aiuti e sostegni facilmente. Cosa che non sarebbe possibile in una città come Milano per esempio.

Nella sua vita ha avuto a che fare parecchio con l’Ospedale di Crema, prima per suo padre e ora per le visite di suo figlio, e ogni volta che vi torna, si sente in un ambiente accogliente, dove ha sempre trovato personale pronto ad ascoltarla e aiutarla. Addirittura nei reparti in cui suo padre era ricoverato si ricordano ancora di lei e di suo padre e non perdono occasione per informarsi quando la vedono in reparto. Questo la fa sentire più sicura e a suo agio.

Per lei Crema è come un posto di un’altra epoca, girando per i suoi vicoletti si sente trasportata in un tempo passato. Un po’ come se la vedesse dipinta in un quadro e lei vivesse in quel dipinto. Le ricorda una piccola città pittoresca tedesca, un po’ come dove vive sua sorella, e passeggiando per Crema le sembra di sentirla più vicina.

Una tipica via del centro Crema (Cr) il luogo scelto da Anca per il suo ritratto per il progetto "Donne di Crema" (C)Monica Monimix Antonelli
Una tipica via del centro Crema (Cr) il luogo scelto da Anca per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Anca e la fotografia

Quando lavorava come modella cercava di immedesimarsi nelle direttive del fotografo, sentendosi quasi un’attrice. Ora che il rapporto con la fotografia non è più professionale per lei, non interpreta più un ruolo, ma solo se stessa.

Non le interessa come risulta perché pensa che la fotocamera la sta ritraendo per come è lei in quell’istante e segna in maniera indelebile quell’esatto momento, mostrando anche i segni di un’eventuale stanchezza. È un documento della realtà. Non ha più la preoccupazione di venire nel migliore dei modi, e non riesce più a fingere sui social network. Anche se sorride con la bocca, i suoi occhi non è detto che appaiano altrettanto sorridenti, ad un occhio più attento.

Le piace la fotografia per poter comunicare la realtà e come siamo veramente, senza la finzione della perfezione che non esiste.

Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.


Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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