Donne di Crema: il ritratto di Alice

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Mentre continuo a ritrarre le “Donne di Crema” nuovi incontri e nuove sinergie prendono forma. Ogni donna che incontro mi regala tanto di sé a livello personale, regalandomi entusiasmo e nuovi spunti di riflessione, come la storia di Alice, che ti racconto in questo articolo.

L’incontro

Alice mi ha scoperta attraverso una sua amica che mi segue da tempo e nel giro di ventiquattro ore ci siamo organizzate per realizzare il suo ritratto, essendo lei di passaggio a Crema solo per un giorno.

Il ritratto di Alice per il progetto "Donne di Crema" (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Alice per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Il giorno del ritratto di Alice

Alice mi racconta che è di passaggio a Crema solo per un giorno, di ritorno da una vacanza all’Isola d’Elba e in procinto di tornare in quella che da due anni è la sua nuova casa, Dublino.

La storia di Alice è avvincente, perché nonostante la sua giovane età, ha già un bagaglio di esperienze incredibili.

Partiamo dall’inizio. Si diploma come Tecnico Alimentare presso l’Itis di Crema. Il suo sogno è sempre stato quello di diventare pasticcera. Terminata la maturità, decide di prendersi un anno sabbatico prima di scegliere quale Università frequentare. Col sostegno della sua famiglia, si prende quel tempo per se stessa e mai decisione fu più azzeccata.

Un anno per sé per capire cosa fare

Durante quell’anno  segue un corso preparatorio per potersi recare in Uganda e poter capire come vivere secondo la loro cultura e inserirsi tra la popolazione.

Arriva in Uganda ed è ospite presso le suore comboniane ed è qui che scoprirà la sua vera vocazione. Una di queste suore, un giorno, le chiede se vuole assistere ad un parto. La domanda, al momento spiazza Alice perché per lei sarebbe stata la prima volta, ma decide di prendervi parte.

Inizialmente i suoi dubbi erano legati al fatto che lei potesse essere un elemento di disturbo per la donna che stava partorendo, ma la risposta della suora “Non sei in Italia”, da un lato la rassicura dall’altro le fa chiedere il perché di questa affermazione, perché le suona come se le donne in Uganda avessero meno diritto alla privacy.

La suora la rasserena sul fatto che il parto è visto come un’esperienza totalmente naturale e non ci sono problemi che un’altra donna vi assista. Alice entra quindi in sala parto e assiste per la prima volta ad una nascita.

La forza delle donne

In quei momenti si rende conto della vera potenza di una donna. Non facendo uso dell’epidurale, i dolori sono lancinanti e vede la donna urlare dal dolore, stringere i pugni, arriva persino a mordersi le braccia dalla fatica e dal dolore che prova. Ma poi ecco spuntare la testa del bambino e una nuova vita ha inizio. Davanti a tutto questo non può fare a meno di chiedersi come possa essere violata una donna, capace di una tale potenza, quella di generare una nuova vita e di sopportare tali dolori.

Le bambine soldato

L’esperienza in Uganda le insegna moltissimo, entra in contatto con le bambine soldato di cui ascolta i racconti. Molte di loro sono state rapite da piccole, a sette o otto anni, sono vittime di violenze sessuali, alcune di loro restano anche incinte, vengono addestrate a combattere e poi rilasciate anni dopo.

Per i traumi subiti ricordano l’esatto momento in cui sono state rapite, e poi il momento del rilascio. Tutto il resto viene cancellato dalle loro menti come autodifesa dai traumi troppo grandi che hanno subito.

Esperienze forti come insegnamenti di vita

E’ un piacere stare ad ascoltare Alice, ha solo ventotto anni ma ha una profondità incredibile e capisco quanto queste esperienze possano insegnare e cambiare totalmente la vita di una persona, facendola crescere e maturare, ma anche farle capire cosa voglia dire realmente vivere e apprezzare la vita e ciò che si ha.

Le chiedo come sia stato il ritorno a casa dopo aver vissuto tali esperienze, in paesi del mondo in cui le persone sono a livelli di povertà estreme, vittime di violenze, ingiustizie e difficoltà inimmaginabili ma comunque ancora in grado di sorridere, e trarre insegnamenti dai loro vissuti.

Il confronto con la nostra realtà

Il confronto con la realtà che viviamo noi, persone fortunate, nate nel posto giusto e del colore di pelle favorito, i privilegiati, dimentichi delle nostre fortune, inizialmente è stato difficile da sopportare per Alice, ma ha capito che l’unica cosa possibile da fare era quella di selezionare le persone da frequentare.

Questa decisione l’ha portata ad investire il suo tempo solo con persone che siano in grado di darle qualcosa, che la facciano crescere e con cui avere il piacere di stare. Togliendo tutte quelle persone che non fanno altro che lamentarsi della propria condizione, senza fare nulla per cambiarla.

Il percorso di studi

Da quell’esperienza vissuta in sala parto, ha deciso che quello che voleva fare nella vita era l’ostetrica e una volta tornata in Italia si è iscritta subito all’Università e da lì non si è più fermata nel perseguire il suo obiettivo.

Terminato il master ha avuto l’occasione di partire per Dublino perché sapeva tramite un’amica di Università che stavano cercando nuove ostetriche e, senza perder tempo, è partita per fare il colloquio. E’ stata presa e da due anni lavora a Dublino.

Inizialmente, partite in 8 ragazze, aveva l’impressione di andare in gita, visto il clima che si era creato, poi nell’arco di poco tempo si è inserita nella realtà locale, imparando la lingua e iniziando a frequentare le colleghe irlandesi.

Le missioni in giro per il mondo

Ha fatto varie missioni mentre svolgeva il suo master: Perù, Grecia in un campo profughi, mar Mediterraneo nel soccorso migranti, l’Etiopia e diversi luoghi Ugandesi.

Il Perù è stata un’altra forte esperienza per lei. Abitava in una delle zone più povere della città, ha visto la povertà estrema, ha visto violenza e storie drammatiche.

Tutto si può riparare

Un segno indelebile del Perù, lo porta in un tatuaggio sul braccio sinistro che cita la frase “Todo puede ser reparado”, “Tutto si può riparare”, che le ha detto un giovane artista peruviano durante una cena presso un sacerdote con cui lei collaborava.

Mi racconta l’aneddoto: a casa di questo sacerdote ha visto una scultura con le statue di San Giuseppe, la Madonna e Gesù, di cui quella di San Giuseppe aveva una mano mozzata e appoggiata accanto.

Durante la cena scopre che questo artista con cui si intrattenevano si manteneva con dei piccoli lavoretti saltuari e coltivava come sua passione l’arte e in particolare lavorava la creta. Alice chiede al sacerdote se non potesse far sistemare la mano del San Giuseppe e la risposta dell’artista, fu proprio quella frase: “Tutto si può riparare”.

La frase la colpisce molto, e si rende conto che un artista così povero, con una vita davvero difficile, che non possiede nulla, aveva ancora in sé quella consapevolezza che nella vita nulla è perduto, ma che c’è sempre qualcosa che si possa fare.

E da lì capisce che molto si può fare nella vita, basta crederci e avere la volontà di rimboccarsi le maniche.

Se persone che non hanno nulla e che vivono vite così al limite, possono farcela e credono che tutto si possa riparare, perché noi così fortunati di nascita passiamo il tempo a lamentarci senza fare nulla per migliorare la nostra condizione?

Alice

La nascita della sua Associazione di volontariato Atim

Anche questo è stato uno stimolo per lei per fare ancora di più per gli altri. Nasce così la sua Associazione di volontariato Atim.

In Uganda, mi racconta che al momento della nascita, la nonna materna sceglie il nome del nascituro basandosi su figure metaforiche e a seconda del sesso del nascituro viene aggiunta una A nel caso di una femmina, o una O nel caso di un maschio.

A lei fu assegnato il soprannome di Atim che nella lingua acholi, parlata in nord Uganda, significa “nata lontano da casa”. Ecco perché sceglie di chiamare la sua associazione Atim, associazione che, a gennaio 2019 ha fondato e di cui è presidente. Un’associazione a sostegno della popolazione più vulnerabile (donne e bambini) nei territori del nord Uganda.

Mi racconta che non si sarebbe mai aspettata un così forte riscontro di pubblico per le attività svolte dall’associazione, ma è molto fiera ed orgogliosa che siano riusciti a raccogliere parecchi fondi da destinare alle donne e bambini ugandesi.

Il sogno di Alice

Il suo sogno futuro è quello di creare a Crema uno spazio multiculturale dedicato alle madri, che possa offrire loro un ambiente accogliente e sicuro dove potersi confrontare con le altre madri, di ogni nazionalità per poter avere consigli e sostegno. Se lo immagina già con un angolo dove poter offrire biscotti fatti in casa da lei e dove accogliere le donne per offrire loro ascolto e aiuti.

Mi dice che la pasticceria è sempre nel suo cuore e non l’ha mai abbandonata. Ogni tanto le capita, di ritorno da un turno di notte, di mettersi ad impastare la base di una focaccia, e di lasciarla lievitare mentre lei dorme, per poi portarla l’indomani al lavoro, per condividerla con le colleghe come gesto di affetto e di condivisione che il cibo è in grado di offrire.

Ha portato la sua passione anche in Uganda dove ha tenuto alcuni corsi di pasticceria per le donne che aiutava insieme alle suore, portando un po’ di Italia con sé.

Ciò che ha imparato

Ciò che ha imparato è che avere un obiettivo è fondamentale per potersi impegnare e poterlo raggiungere. Non esistono vite facili, ma tutto dipende dal nostro modo di reagire alle situazioni che ci si presentano.

Alice è una donna che sa ascoltare la persona che ha davanti, oltre che se stessa e le situazioni che vive. E’ convinta che, molto spesso, l’ascolto, insieme all’impegno è ciò che aiuta ad affrontare ogni difficoltà.

Nella sua esperienza ha avuto modo di ascoltare storie veramente drammatiche e queste persone, con tutto quello che avevano subìto, sono state comunque in grado di trasformare i loro drammi in insegnamenti, riuscendo ad affrontarli e ad andare avanti, anziché lasciarsi schiacciare dal dolore o a lasciarsi andare a lamentele inutili (per quanto comprensibili).

Ha saputo far tesoro di ciò che ha visto e questo l’ha fatta diventare una persona attenta agli altri, in grado di imparare da ogni situazione e ad allontanarsi dalle persone per lei nocive, quelle che non fanno altro che lamentarsi ma che non si impegnano per cambiare la propria condizione in cui si sentono costretti.

Il pensiero di Alice riguardo a Crema

Vivendo a Dublino da due anni, per lei tornare a Crema significa tornare a casa, ed è un caldo abbraccio che la accoglie ogni volta. Ciò che ama di più è il fatto che ogni volta che torna, vede dei miglioramenti della città che la rendono sempre più bella, ma senza sentirsi mai tagliata fuori, come se la città cambiasse un poco alla volta, ma senza cambiare mai nella sua essenza e senza lasciare indietro nessuno, soprattutto chi, come lei, abita una realtà totalmente differente e lontana.

Mi racconta che rientrata in Italia dopo tanti mesi di lontananza causati anche dalle restrizioni dettate dal Covid, si aspettava di trovare un clima ben diverso da quello che invece ha trovato, era convinta di trovare un clima teso e preoccupato, ma a sorpresa ha trovato nelle persone, un clima di serenità.

Via Lucini a Crema (Cr), il luogo in cui abbiamo ambientato il ritratto di Alice per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Via Lucini a Crema (Cr), il luogo in cui abbiamo ambientato il ritratto di Alice per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

Alice e la fotografia

Per Alice la fotografia è sempre stata molto importante, grazie al padre grande appassionato, ha sempre vissuto la fotografia in maniera naturale, e tutt’ora ha un buon rapporto con la fotocamera. Non teme l’obiettivo sia perché è stata abituata dal padre ad esser ritratta, ma anche perché non ha problemi con la sua immagine ritratta.

Della fotografia ama particolarmente la possibilità di poter raccontare la sua realtà dell’Uganda per esempio. Non ritrae immagini trite e ritrite che tanti usano e sfruttano per mostrare realtà difficili come i bambini denutriti o coperti di mosche, ma ama ritrarre la realtà che ha vissuto, fatta anche di sorrisi e momenti felici, balli, canti e giochi, perché l’Uganda è sì un luogo che ha sofferto tanto e tutt’ora soffre, ma che sa anche gioire delle piccole cose quotidiane.

Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo.

Se vuoi vedere alcune immagini del progetto, guarda qui

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno quindi ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere lei stessa il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata e averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo però l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata e hai vissuto qui molti anni, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi un’email: moni@monimix.com


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.


Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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