Violenza psicologica e fisica: da dove nascono?
Come l’autostima gioca un ruolo determinante nel contrastare la violenza.
Ascoltando molte storie di donne, vittime di violenza psicologica o fisica, ho iniziato a pormi parecchie domande per cercare di capire gli schemi dietro alle dinamiche di queste situazioni. Esistono degli schemi ricorrenti anche se le storie e le persone coinvolte sono molto diverse.
Ho iniziato a pensare che per poter arginare il sempre più dilagante dramma della violenza sulle donne, si debba intervenire su più fronti. Sicuramente la prevenzione è fondamentale e quindi ben vengano gli interventi nelle scuole (Medie e Superiori), per parlare ai ragazzi di cosa sia la violenza e da dove parta. Ma credo sia altrettanto fondamentale preparare anche le ragazze su un altro fronte, oltre a quello del riconoscere i primi segnali di una relazione tossica, e cioè aiutarle a prendere consapevolezza di loro stesse.
Molti casi di violenza riguardano donne che erano sempre state salde nella loro vita, ma è bastato che abbassassero la guardia, perché fragili in quel momento della loro vita a causa di problemi di salute, problemi lavorativi, un lutto o la fine di una relazione importante, per cadere nella rete di un uomo che si è poi rivelato il loro carnefice.
Per cercare di diffondere messaggi di aiuto alle donne, per cercare di dare un contributo alla lotta contro la violenza sulle donne, ho pensato di coinvolgere alcune delle Donne di Crema nella stesura di diversi articoli su queste tematiche.
La prima ad aver aderito alla mia proposta è Laura Genovese, che ringrazio moltissimo. Da molti anni è volontaria presso il Centro Antiviolenza Donne contro la Violenza di Crema e ha seguito corsi di Mindfulness e Counceling specializzandosi Counselor di analisi transazionale.
Nel suo articolo, Laura, oltre a dare molte informazioni importanti, ci insegna anche un esercizio pratico per capire come imparare a stare bene con noi stesse.
Partiamo da un presupposto importante:
NESSUNO NASCE VITTIMA, CHIUNQUE PUÒ DIVENTARLO.
Quando si ha a che fare con un soggetto maltrattante tutte le risorse della vittima vengono sostituite da dolore, apatia, rabbia, dubbi e sensi di colpa.
Per questo motivo è molto importante imparare a stare bene con noi stesse, ci preserva dal diventare vittime. Le nostre risorse sono la nostra salvezza, se non le consideriamo importanti sarà più facile farsele sottrarre o sostituire.
La prima cosa che dobbiamo comprendere e fissare nella nostra mente è che dobbiamo diventare una risorsa per noi stesse e capirne l’importanza per far sì che nessuno ci cancelli dalla nostra lista.
Sei pronta per lavorare in questa direzione?
Prima di tutto vediamo di capire cosa vuol dire stare bene. Per farlo ti chiedo di rispondere a queste semplici domande.
Cosa significa stare bene?
Ho energie per affrontare la giornata?
Sento la gioia?
Davanti ad una difficoltà mi blocco o cerco la soluzione per stare bene?
So chiedere aiuto?
Ho fiducia in me stessa?
So capire di chi posso fidarmi?
Faccio pensieri positivi?
Trovo il tempo per coltivare i miei interessi?
Riesco a fare le cose con entusiasmo?
Ascolto le mie emozioni?
Ascolto il mio corpo?
Sono amica della mia mente?
Se l’altro non mi rispetta mi proteggo?
Senti di meritarti le cose elencate qui sopra?
Se non senti di meritartele FERMATI e leggi i passi successivi per un esercizio che ti consiglio di fare.
1. PRIMO PASSO
Prendi il cellulare mettilo in modalità silenziosa e imposta la sveglia in modo che suoni dopo 5 minuti
Chiudi gli occhi, respira e ripeti dentro di te la frase “ Io non mi merito di stare bene”
Al suono della sveglia, apri gli occhi e prendi 1 foglio di carta e una penna
Scrivi i motivi per cui HAI SENTITO di non meritare di stare bene. Ciò che è importante è il “sentire” quando ti ripeti questa frase, non il pensare.
Fai una pausa di 2 minuti e poi passa al secondo step dell’esercizio.
2. SECONDO PASSO
Imposta nuovamente la sveglia in modo che suoni dopo 5 minuti
Chiudi gli occhi e respira ripetendo dentro di te la frase “ Io merito di stare bene”
Al suono della sveglia, apri gli occhi e prendi in mano il foglio di carta e la penna
Scrivi ora i motivi per cui HAI SENTITO di meritare di stare bene.
3. TERZO PASSO
Da oggi per 1 settimana ogni giorno prenditi 10 minuti e ripeti gli esercizi. Decidi tu in quale momento della giornata, il mio consiglio è di scegliere un orario uguale per tutta la settimana, in questo modo sarà l’appuntamento con te stessa.
Ogni volta che ripeti l’esercizio appunta su un foglio di carta se cambia qualcosa dentro di te mentre fai le 2 meditazioni del punto 1 e del punto 2.
4. QUARTO PASSO
Al termine della settimana di ascolto, ritagliati 5 minuti e leggi cos’è cambiato dentro di te durante questo periodo.
Oltre a scrivere cos’è cambiato in te, pensa e scrivi cosa decidi di fare con questo cambiamento.
Ripeti e respira dentro di te questa frase per 5 minuti: “Cosa è cambiato dentro di me? Cosa voglio fare con questo cambiamento avvenuto in me?”.
5. QUINTO PASSO
Metti in atto il cambiamento che hai sentito di dover fare.
Durante le meditazioni hai capito che ci sono persone nella tua vita che ostacolano il tuo benessere? Ora che senti di meritare di star bene puoi scegliere se lasciare che continuino ad ostacolarti oppure allontanarti da esse.
Se durante le meditazioni hai capito che ci sono pensieri che ostacolano il tuo benessere puoi cercare di capire da dove arrivano, puoi provare a riconoscerli in modo che non ti ostacolino più.
Non riesci a capire qual è la strada migliore per te, senti di non aver le forze per affrontare il cambiamento, o non riesci a capire come gestirlo? Puoi chiedere aiuto ad un professionista (Psicologo o Counselor), ad un’Associazione di volontariato, o cercare approfondimenti e aiuti nei libri oppure online.
Decidi tu quale risorsa pensi possa fare al caso tuo. L’importante è che sia la decisione che senti adatta a te.
Ti posso offrire alcuni spunti di riflessione in base alla mia esperienza.
Dal 2008 opero come volontaria nel Centro Antiviolenza “Donne contro la violenza” di Crema e ho conseguito l’attestazione di Counselor professionista presso la scuola di Counceling di Analisi transazionale di Milano.
La mia curiosità mi ha portata ad approfondire queste tematiche anche tramite parecchi libri che ho letto nel corso degli anni oltre che a seguire alcune pratiche di meditazione e corsi di mindfulness che mi hanno permesso di imparare a sentire e non solo a pensare.
Se impari a sentire, il pensiero prende un’altra forma. E’ come un puzzle dove il pensiero si incastra perfettamente con la tua essenza.
Nel mio lavoro per il recupero dell’autostima mi sono stati utili gli strumenti di lettura che utilizza l’analisi transazionale.
Se sei interessata puoi leggere il libro che cito alla fine (“Dentro l’AT. Fondamenti e sviluppi dell’analisi transazionale” di William F. Cornell – Anne De Graaf – Trudi Newton – Moniek Thunnissen), di cui sintetizzo alcuni concetti qui di seguito.
PROBLEMI DI AUTOSTIMA
NELLA RELAZIONE CON NOI STESSI
L’autostima nasce dal giudizio che diamo di noi stessi. Da quanto crediamo o meno di essere persone valide, importanti, capaci di vivere in armonia dentro e fuori di noi.
Ma cosa succede quando non riesco a fare bene qualcosa? O non ho i riconoscimenti che mi aspetto? Il giudizio su di me si trasforma in negativo e si abbassa la mia autostima. Questo è un momento molto delicato, ma ricorda che tu sei la protagonista della tua vita e puoi decidere cosa fare.
Posso ripetermi frasi come: “Sono un’incapace”, “Non riuscirò mai nella vita”, “Gli altri sono meglio di me”.
Oppure POSSO FERMARMI UN ATTIMO, RESPIRARE, e prendermi il tempo necessario per capire qual è la motivazione.
In questo modo riesco a non giudicarmi e dirmi: “Questa cosa vorrei provare a farla meglio”. Oppure: “Questa cosa non l’ho fatta bene perché non mi interessa”. O ancora: “Questa cosa non l’ho fatta bene perché sono stanca.”
In questo modo, mi parlo senza giudicarmi, respiro e mi prendo il tempo giusto per me.
Se impari a fare questo esercizio la tua vita potrà migliorare.
Durante la scuola di Analisi transazionale ho imparato una cosa che mi ha aperto gli occhi.
Fin da piccoli i nostri genitori ci inviano dei messaggi che possono essere non verbali (ingiunzioni), oppure messaggi verbali (contro ingiunzioni o spinte).
Messaggi non verbali
Esempio: nell’infanzia un genitore se il bambino parlava troppo o piangeva, ripeteva la frase: “I bambini non devono sentirsi”. Può essere che il bambino abbia interiorizzato questa frase con il messaggio “Non essere importante“.
Pertanto nella sua vita farà di tutto per non esserlo e cercherà le persone che confermeranno questa sua credenza. Se incontrerà qualcuno che gli darà importanza non si darà il permesso di esserlo e si allontanerà.
Messaggi verbali
Se nell’infanzia un genitore ripeteva al bambino frasi come per esempio “devi sforzarti” (spinta sforzati in analisi transazionale), quel bambino, nella vita, si sentirà a posto con la sua coscienza solo se farà le cose sforzandosi.
Ti porto questi esempi per farti capire che è importante capire se un’emozione la provo perché il fatto mi riporta a dei messaggi genitoriali oppure la provo per come sono io nel momento in cui accade.
Tornando quindi al discorso dell’autostima quando una cosa non la faccio bene non devo far partire il giudizio, non devo tornare nel passato ma devo stare nel presente e chiedermi per chi non l’ho fatta bene: per me o per i miei genitori?
Se non l’ho fatta bene per me posso prendermi il tempo di capire il motivo e trovare una soluzione. (in analisi transazionale prendere una decisione nel qui e ora si traduce con “essere nell’Adulto“), oppure posso arrivare a capire che io sono soddisfatto di come ho fatto quella cosa ma il mio genitore non lo sarebbe stato. In quel momento posso fare una cosa importante: ringraziare il mio genitore e dirgli “per me va bene cosi“.
NELLE RELAZIONI CON GLI ALTRI
(Testo tratto da: Capitolo 4 del libro “Dentro l’AT. Fondamenti e sviluppi dell’analisi transazionale” di William F. Cornell – Anne De Graaf – Trudi Newton – Moniek Thunnissen)
In analisi transazionale, per comprendere le dinamiche dei conflitti o di violenza, si usa come strumento il triangolo drammatico. Secondo Stephen Karpman, Analista transazionale americano, le persone rispettano una sorta di schema, in cui recitano la propria parte (gioco) come se seguissero un copione. Questo schema è rappresentato da un triangolo, in cui a ogni vertice corrisponde un ruolo.
I tre ruoli sono: persecutore, salvatore, vittima.
Secondo l’autore, ognuna di queste posizioni permetterebbe di soddisfare alcuni bisogni egoistici:
Vittima (schema “povero me!”): la persona che recita questo copione ottiene attenzione, perché sia Persecutore che Salvatore si concentrano su di lei. Inoltre, il ruolo di vittima soddisfa il bisogno di dipendenza e permette di evitare l’assunzione di responsabilità. La vittima non è sempre realmente una vittima, ma agisce come tale. I suoi sentimenti hanno a che fare con il sentirsi oppresso, accusato, senza speranza. Questa persona appare incapace di prendere decisioni, di risolvere problemi e trovare soluzioni.
Persecutore (schema “è tutta colpa tua!”): il persecutore è controllante, critico, oppressivo e giudicante. Si sente superiore e “bullizza” la vittima. In questo modo evita i propri sentimenti e le proprie paure.
Salvatore (schema “ti aiuto io!”): il salvatore accorre in aiuto della vittima. Ciò gli permette di mettersi in buona luce e sentirsi moralmente superiore, giusto, ma anche di evitare i propri problemi e sentimenti. Questo personaggio si sente frustrato e in colpa se non riesce a salvare gli altri. Le sue azioni hanno comunque effetti negativi, perché permettono alla Vittima di rimanere dipendente e al Persecutore di continuare ad attaccare.
I ruoli non sono fissi, ma intercambiabili. È possibile passare da un ruolo all’altro e giocarne più di uno contemporaneamente. L’intensità del dramma varia in base al numero di cambiamenti di ruolo e al lasso di tempo in cui avvengono.
L’importante non è tanto insistere sulle proprie ragioni, provando a cambiare gli altri, quanto piuttosto provare qualcosa di diverso. Il primo passo è riconoscere lo schema, il secondo, il più difficile, è provare a uscirne.
Per concludere vorrei dirti: non sentirti sola. Hai già la risorse dentro di te per poter affrontare un problema, devi solo avere la forza di cercarla. Se non riesci a vederla puoi contattare il professionista o l’Associazione che ritieni più utile per te.
Se lo desideri io sono disponibile ad aiutarti o ad indirizzarti. Puoi contattarmi via Messanger: Laura Genovese (Counselor Professionista in Analisi Transazionale)
Risorse
Prima di salutarti voglio indicarti alcuni libri interessanti e utili che ti consiglio:
“Dentro l’AT. Fondamenti e sviluppi dell’analisi transazionale” di William F. Cornell – Anne De Graaf – Trudi Newton – Moniek Thunnissen.
“Ciao! E poi? La psicologia del destino umano” di Eric Berne
“Essere terapeuta” di Fanita English
“Le parole sono finestre oppure muri. Introduzione alla comunicazione non violenta” di Marshall B. Rosenberg
“Il potere di adesso” di Eckhart Tolle
“Il manipolatore e la preda: Non è mai troppo tardi per aprire gli occhi” di Nadia Nunzi e Lorenzo Castricini
“Donne che amano troppo” di Robin Norwood
Se hai Facebook trovo molto interessante i contenuti espressi dalla Dottoressa Ameya Gabriella Canovi sul come riconoscere e uscire dalla dipendenza dall’altro:
https://www.facebook.com/ditroppoamore?locale=it_IT
Se preferisci ascoltare oltre che leggere, ti segnalo il Podcast di Selvaggia Lucarelli “Proprio a me” su Spotify https://open.spotify.com/show/3mq8ByWZBAvCU3tcs5pNKS
Spero di averti dato degli spunti utili su cui riflettere.
Ringrazio Laura per il suo contributo e ti invito a lasciare un commento qui sotto per condividere con noi il tuo pensiero in proposito. Grazie!
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Se pensi di essere vittima di violenza contatta il n. 1522 o il n. 112 oppure il Centro Antiviolenza Donne contro la Violenza di Crema
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