Donne di Crema: il ritratto di Sara

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Donne di Crema è agli sgoccioli, con la storia di oggi, di Sara, giungiamo alla storia n. 98. Una grande emozione guardare tutto il percorso fatto fino ad oggi e volgere lo sguardo sul futuro è fonte di entusiasmo per ciò che ancora mi aspetta.

L’incontro

Nata e cresciuta a Crema da genitori cremaschi, da tre generazioni la sua famiglia è legatissima al territorio. Tutta la sua infanzia trascorre nel quartiere di Ombriano dove abitava.

Mi racconta della sua famiglia: sua mamma, che di lavoro faceva la commessa, ma dal forte animo creativo, “una designer mancata, per il suo gusto per la moda”, e suo padre che ha sempre viaggiato molto in giro per il mondo per lavoro.

Il ritratto di Sara per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Sara per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Sara

È cresciuta ascoltando i racconti dei vari luoghi del mondo, e se da bambina soffriva per la mancanza del genitore, assente per lunghi periodi, crescendo è diventato un motivo di ammirazione per lui. In lui ammira la capacità che ha avuto di adattarsi in ogni luogo in cui si sia trovato a vivere e che per quanto abbia viaggiato è sempre rimasto legato alle sue origini. Grazie al padre anche Sara ha potuto viaggiare molto e visitare paesi come la Cina, gli Emirati Arabi, la Corea del Sud e tanti altri.

Oltre ai genitori, cresce con sua sorella più grande di lei di dodici anni, che le ha fatto un po’ da seconda mamma,  grazie alla quale si è abituata a stare con le persone più grandi.

Ricorda un’infanzia molto felice trascorsa col gruppo di amici a giocare nel campetto davanti casa. Frequenta le Scuole Elementari e Medie nel suo quartiere ed è al momento del passaggio alle Scuole Superiori, con la scelta delle Ex Magistrali (scienze sociali), che arriva a Crema.

Una natura poco incline ai cambiamenti

Per Sara passare dal quartiere a Crema è stato un grande “viaggio”, perché per la sua natura poco incline ai cambiamenti, già quello è stato un passaggio importante della sua vita. Ha sempre vissuto i cambiamenti con paura e preoccupazione, e necessita di tempo per adattarsi.

Il momento della scelta delle Superiori non è stato semplice perché non si riteneva una grande studiosa e non aveva le idee chiare sul suo futuro. Da bambina voleva fare “la donna della fattoria”, poi crescendo ha iniziato a pensare di diventare fotografa, ma anche quella strada si è interrotta.

I dubbi sul futuro

Alla fine delle Superiori si ritrova ancora davanti alla scelta di cosa fare del suo futuro. È indecisa se iscriversi all’Istituto Europeo di Design per seguire l’idea di fare fotografia oppure iscriversi all’Università.

Sceglie la Triennale in Scienze dei beni culturali, e per lei è il secondo grande cambiamento della sua vita, dovendosi spostare quotidianamente a Milano. Inizialmente l’impatto con la città è negativo, la detesta per il suo smog e il caos. Ricorda che il primo giorno di Università era spaventata perché non conosceva nessuno, l’ambiente attorno a lei era completamente nuovo ed era forte la percezione di essere solo un numero tra i tanti.

Riesce a superare l’impatto negativo perché fin dal primo giorno ha la fortuna di sedersi accanto ad una persona con cui fa subito amicizia e gli anni a seguire scorrono in maniera naturale e positiva, grazie al fatto di conoscere molte persone interessanti. Le si apre un mondo nuovo, ampio, libero, molto diverso dal contesto scolastico precedente.

Attraverso l’incontro con la compagnia di amici che negli anni si è formata ha la possibilità di scoprire la vera Milano. I suoi amici, milanesi doc, le mostrano la loro città e Sara vedendola attraverso i loro occhi, passa dal detestarla, all’amarla profondamente.

Gli anni universitari

Gli anni universitari sono anni di scoperte, di incontri, in cui scopre di amare lo studio perché finalmente ha la possibilità di scegliere ciò che la appassiona e si ritiene fortunata per le persone che ha avuto modo di conoscere. Persone che l’hanno capita e che le hanno insegnato ad amare lo studio.

Al termine della Laurea Triennale si ritrova davanti ad un nuovo passaggio e le domande sul suo futuro affollano la sua mente.

È come un risveglio per lei, dopo gli anni di studi felici, si rende conto che è arrivato il momento di entrare nella vita reale. Non essendo ancora sicura di voler fare la Magistrale, rimanda la decisione e si iscrive all’Accademia di arte drammatica, Paolo Grassi di Milano.

Il mondo del teatro

“Non mi iscrivo come artista, e questo è stato forse un mio grande errore. Mi iscrivo come organizzatore dello spettacolo dal vivo. Non mi sentivo all’altezza di fare l’artista. Ma amavo il teatro e in qualche modo volevo lavorarci.”

Sara

Scopre una realtà molto complessa, competitiva, totalizzante.

“Puoi fare teatro solo se sei disposta a farlo con tutta te stessa, non è un lavoro con orari standard. Fare teatro significa essere il teatro, vuol dire identificarti con esso. Avere una passione di base enorme, una dedizione totale. Un fuoco che brucia. Il teatro è pura passione.”

Sara

Sara si rende conto che, seppur amando il teatro, non ha in sé tutta quella forza che vede in alcuni dei suoi compagni di classe. Non crede in sé abbastanza da buttarsi nel teatro in veste di artista, riconosce di non aver il coraggio necessario per fare il salto.

“In quell’ambiente serve una grande corazza e se non ce l’hai gli altri ti schiacciano. Per stare in quel contesto devi avere determinate caratteristiche, che io mi sono resa conto di non avere.”

Sara

L’esperienza sul campo

Durante il secondo anno, vive una delle esperienze più belle della sua vita. Viene mandata a Mantova a seguire l’organizzazione del Festival “Segni d’infanzia” dedicato al teatro per l’infanzia.

Un’esperienza faticosa, assoluta, con ritmi frenetici, ma che la forma a livello umano e professionale. Le insegna tante cose che ha poi potuto portare nelle esperienze successive.

L’Accademia Paolo Grassi le ha insegnato il rigore e la disciplina, il Festival “Segni d’infanzia” la passione per un progetto, la determinazione di volerlo portare avanti nonostante tutto e la collaborazione col team con cui ha creato un legame molto profondo.

Le responsabili del Festival con cui lavora insieme alle sue compagne di stage, cercavano stagiste da loro definite: “Appassionate, sovversive e disposte a lottare contro i mulini a vento” e al termine dello stage si sono rese conto che le hanno trovate.

Sara ci tiene a riportare queste esatte parole perché da allora le ha tenute nel suo cuore e le ha portate avanti nella sua storia futura.

La fine dello stage

Come ogni progetto estremo di vita e lavorativo, nel momento in cui il Festival e lo stage giungono al termine, una profonda tristezza la coglie. Non era preparata a quel distacco.

“Organizzare un festival di teatro è tutto. È come vivere sapendo di far parte di un ingranaggio che è più grande di te, che funziona, è meraviglioso, regala qualcosa alla gente, ti fa avere molti rapporti intensi con tutti.”

Sara

Finita l’esperienza dello stage arriva al diploma della Paolo Grassi e si interroga se vuole continuare a fare teatro. Non avendo ancora chiara in sé la risposta, decide di iscriversi nuovamente all’Università per fare la Magistrale in Filologia moderna.

La scoperta dello spettacolo radiofonico a teatro

È qui che avviene un nuovo passaggio. A teatro ha una folgorazione: assiste ad uno spettacolo radiofonico. Ovvero: uno spettacolo che non doveva essere visto, ma solo ascoltato in cuffia. Quello che gli attori facevano sul palco era recitare davanti a un leggio. Lo spettacolo era nelle orecchie e nell’immaginazione.

Resta così colpita da ciò che vede che decide di approfondire quella tematica e di preparare la tesi sul regista Sergio e sul suo lavoro riguardo i radiodrammi: “un testo di tipo teatrale pensato per l’oralità e quello che produce è l’immagine acustica, una storia che ascolti e non vedi.”

Parallelamente rimane folgorata anche da un attore sul palco, Raffaele. Rinasce in lei il desiderio di imparare a recitare e desidera che sia proprio lui a farle da maestro.  Per una occasione fortuita, riesce a ottenere la possibilità di partecipare ad un suo corso di lettura interpretativa. Da quel momento, lui diventa un punto di riferimento umano e professionale.

La collaborazione per la creazione di un Master

La sua tesi piace talmente tanto al suo relatore Giorgio che le chiede di fargli da assistente e Sara accetta. Nel mentre l’Università decide di ampliare gli studi sulla radio e radiofonia e decide di aprire un Master dedicato al mondo della radio e affida la direzione al relatore di Sara.

È per lei l’occasione di poter collaborare con lui al coordinamento didattico del Master, e, insieme al suo collega, Matteo, speaker in radio, e ad altri docenti, creano il Master “Fare radio”.

È un’esperienza bellissima per Sara, in cui riversa tutta se stessa e tutto ciò che aveva imparato. Le fa rivalutare molto l’Accademia e il suo stile di gestire le cose, perché capisce cosa vuol dire avere l’impegno di dover formare delle persone da mandare sul mercato, capisce che per quanto fosse stato duro il percorso fatto in Accademia le era servito tanto.

Il lavoro da giornalista

Parallelamente alla partenza del Master, per mantenersi, inizia a lavorare come giornalista a Crema per una rivista locale. Pur sapendo che quella del giornalismo non sarebbe diventata la sua strada, decide di seguirla per alcuni anni per poter perfezionare la sua scrittura e capire come gestire la notizia, una competenza che in Università le è poi tornata utile.

Ha la possibilità, attraverso il giornalismo, di conoscere il territorio e realtà che difficilmente avrebbe conosciuto, ha incontrato e intervistato molte persone e imparato tanto anche dalle difficoltà incontrate.

Dopo un paio d’anni da giornalista decide di concludere quella strada e puntare sull’Università dedicando anima e corpo alla radio e al teatro radiofonico.

L’incontro col musical

Incontra il musical grazie alla compagnia teatrale de “I Viavai”, di cui già Paola mi ha raccontato nella sua storia, grazie ad un annuncio trovato su un giornale, in cui cercavano membri per la compagnia, si propone e viene presa.

Sara è preparata sulla recitazione e sul canto perché per anni ha studiato canto lirico e cantato nei cori locali e dell’Università per cercare di assecondare la sua vena artistica che ha sempre sentito ma che non ha mai voluto prendere in considerazione come professione.

“Non mi fidavo di me, soprattutto dopo aver visto da vicino il mondo artistico professionale. Ne ho avuto molta paura. A quei tempi non avevo ancora il carattere di oggi, ero timida, chiusa e insicura, non ho avuto il coraggio di buttarmi. Solo dopo anni di lavoro su di me sono riuscita a farmi coraggio.”

Sara

Tante passioni

Il teatro è una parte molto importante della sua vita, molto impegnativa ma che ama profondamente, così come un’altra grande passione che coltiva da quando ha dodici anni: i cavalli con cui ha gareggiato in passato e che ora rappresentano la sua valvola di sfogo nella frenesia quotidiana, e il Pilates, che le ha insegnato ad entrare in contatto con il suo corpo.

Ha sempre fatto e amato tante cose, e questo spesso le ha creato confusione impedendole di vedere con chiarezza chi fosse realmente.

Le viene predetto il futuro

Ricorda che durante un capodanno celtico, per curiosità si è fatta leggere le Rune e in quelle pietre ha trovato tanto del suo percorso.

La pietra del passato le dice: “Tu sei una persona che fa tante cose, che sei molte cose e questo genera conflitto in te, perché dal tanto si genera la confusione e ti impedisce di vedere chi sei con chiarezza.”

“Nel presente vedo che stai facendo un percorso di approfondimento, di conoscenza di te stessa, stai evolvendo ma il tuo problema è la paura. Nel futuro vedo che tutto quello che stai facendo convoglierà in una sintesi che si manifesterà da qui a tre anni.”

Tre anni dopo nasce il Master che ha creato ed è stato la sintesi di tutto quello che lei sapeva fare.

La crisi

Non è stato tutto semplice, ma per quanto il Master sia stata la sua più grande soddisfazione, ha generato in lei anche una profonda crisi nel momento in cui ha rischiato di perderlo e di vederlo stravolgere.

“Sto passando un periodo molto duro, di depressione, di crisi personale, perché quando dai tutta te stessa a qualcosa e questa cosa rischia di venirti a mancare, è come se il tuo zoo di vetro crollasse* (*citazione dal teatro) e ti rendi conto di quanto sia fragile. Lì mi sono fatta molte domande su chi sono, cosa voglio fare, cosa voglio diventare.”

Sara

È per lei un brusco risveglio alla realtà. Capisce che può perdere tutto ciò su cui aveva investito tempo, energie, passione. Nel prendere consapevolezza di quanto in fretta può crollare il suo mondo inizia per lei un lento percorso di crisi che la porta alla depressione.

“Mi sono detta: ma senza il Master in cui ho messo tutta me stessa e mi sono identificata, cosa sono? Cosa voglio fare? Lì mi sono ricordata di ciò che non avevo avuto il coraggio di fare, ovvero l’artista.”

Sara

La richiesta d’aiuto

Quando si rende conto che non riesce più a tenersi tutto dentro, nonostante fosse sempre stata una persona molto chiusa sulla sua vita personale, inizia ad aprirsi con alcuni amici molto selezionati. Teme di trovare incomprensione perché non è facile parlare di certe cose; se una persona non le ha mai vissute, potrebbe non capire ciò che sta vivendo l’altro.

“Non basta volere uscire da una situazione di malessere per uscirne. Hai bisogno di aiuto, delle persone che ti ascoltano, comprendono e ti consigliano. Se gli altri si confidano con te di un loro disagio, questo può aiutarti perché mentre aiuti loro aiuti te stessa.”

Sara

L’empatia verso gli altri

Grazie ad una sua amica scopre e si avvicina alla meditazione. Lavorando sul suo malessere capisce che può aiutare gli altri, perché avverte il loro dolore.

“Dopo aver provato sulla tua pelle il dolore e gli attacchi di panico, diventi molto empatico verso gli altri e riconosci quando c’è sofferenza in loro. Non ti interessa il motivo per cui soffrono, ma capisci che devi aiutarle.”

Sara

Per aiutare gli altri non bisogna giudicare il loro dolore che può essere provocato da tanti motivi: un lutto, la fine di una relazione, la perdita di un lavoro o la crisi esistenziale perché non si è arrivati a diventare quello che si voleva, come accade a Sara.

L’amicizia che sostiene

Mi indica un braccialetto che porta al polso destro, dono del regista, Marco, della sua compagnia teatrale. Consapevole del periodo di difficoltà che Sara stava attraversando, le regala un braccialetto con la scritta: “Time to feel good” e “Together we win”.

Un simbolo per non farla sentire sola ad affrontare il suo dolore e che è arrivato il momento per lei di stare bene.

Domande scomode per le donne

Sono tante le riflessioni nella mente di Sara, un animo profondo che attraverso la sua parlantina sciolta mi porta nel suo mondo che racconta anche un po’ una strada già percorsa da tante donne, che si sono sentite fare spesso domande riguardo le loro scelte di vita, come se la vita debba seguire lo stesso percorso per tutte.

“Sembra che la vita sia tracciata con dei passi determinati: nasci, cresci, vai all’Università, trovi un buon lavoro, famiglia, pensione, morte. Quando vai fuori dal tracciato stai male, ti senti in colpa perché sei un outsider della società.”

Sara

Purtroppo non ci si rende conto di quanto, queste apparenti banali domande, possano influire e colpire la psiche delle altre persone. Vengono poste con leggerezza, ma alla persona a cui sono rivolte arrivano con un peso molto maggiore a seconda del momento che sta vivendo.

Dal canto suo Sara ha deciso di iniziare a far suo il mantra “Non è mai troppo tardi”, anche se ammette che fatica ancora a crederci fino in fondo.

“Penso che nella vita tre cose contino: voler bene alle persone e farsi voler bene, assecondare il piacere perché bisogna lavorare per vivere ma alla fine bisogna fare quello che ci piace, e non seguire le tappe degli altri perché ognuno ha la sua strada.”

Sara

Imparare ad ascoltarsi

È difficile imparare ad ascoltarsi e capire veramente cosa si vuole dalla vita, per non cadere nella spirale che ci porta a seguire delle tappe prestabilite della società, perché siamo sommersi da stimoli esterni che ci portano a pensare che se si esce dal seminato non va bene. Si instilla il senso di colpa e la sensazione di essere sbagliati.

Ha sempre invidiato le persone che hanno ben chiaro in mente un obiettivo, perché lei non lo ha mai avuto, ma si è sempre sentita insicura e indecisa sul suo futuro.

“Mi rendo conto che alla mia età subentrano altri condizionamenti dati dal fatto che ci si aspetti che una si sistemi perché poi è troppo tardi. Per due anni ho avuto l’ansia per decidere se e come dovevo reinventarmi. È questo che mi ha portata a entrare in crisi.”

Sara

Il lato positivo della sua sofferenza è che l’ha avvicinata molto alle persone, l’ha fatta diventare più empatica e ha scatenato la sua voglia di prendersi cura di sé. Sa di non essere sola, di avere molti amici meravigliosi e di poter contare sulle persone che ha accanto (inclusa la famiglia) e questo è sicuramente un altro aspetto fondamentale: “Tutti loro sono una luce che mi guida nella strada della vita. Mi cazziano e mi sostengono. Se ci penso bene, cosa si potrebbe desiderare di più?”.

Riguardo a Crema

Sara conosce molto bene la città, avendo svolto il lavoro da giornalista, ha imparato a conoscerla molto in profondità. Per lei è un gioiello vivace, “un salottino vivace”, è frizzante, piena di iniziative ed eventi. Ritiene i cremaschi dinamici e molto vivi, per lei è una piccola Milano.

Ne parla sempre con molto amore quando si trova a Milano o in altri contesti, esportando anche il cremasco e i suoi detti.

Ogni luogo di Crema è per lei legato ad un ricordo, dal teatro San Domenico dove andava a vedere gli spettacoli già ai tempi della scuola, al bar serale con gli amici, la sua scuola delle Superiori e il bar dove andavano a bigiare, la Biblioteca dove ha passato tutti i pomeriggi a studiare sia alle Superiori che all’Università.

La Biblioteca a Crema (Cr), il luogo scelto da Sara per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
La Biblioteca a Crema (Cr), il luogo scelto da Sara per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Sara e la fotografia

Attraverso i social network e il teatro, Sara si è abituata a stare davanti alla macchina fotografica, anche se non ha ancora superato il fatto di vedersi un po’ più in carne, nell’immagine ritratta rispetto alla realtà, ma sa che è un aspetto su cui deve lavorare.

Le sarebbe piaciuto diventare una fotografa in passato, e ha avuto modo di praticare parecchio durante il periodo da giornalista, La fotografia le piace tutt’ora, anche se ora il suo interesse più che visivo è legato all’audio.


Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” : 100 donne di una cittadina raccontano le loro storie, per scoprire e mostrare chi sono le donne di oggi.

I ritratti rappresentano donne contemporanee, che col loro contributo aiutano a costruire giorno dopo giorno la realtà locale cittadina, e al contempo la società moderna, portando la loro ricchezza a livello umano e il loro impegno professionale e personale.

Impegnate a far fronte a pregiudizi, disuguaglianze e a difficoltà che la vita presenta loro, mostrano la loro forza di carattere nell’affrontare battaglie da cui escono ogni volta sempre più forti e sicure di sé, riuscendo a mantenere il sorriso sulle labbra, e la voglia di aiutare chi sta loro accanto.


Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

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