“Donne di Crema” subisce un nuovo fermo a causa del secondo lockdown dato dall’emergenza Covid19, ma l’entusiasmo non si placa e ne approfitto per pubblicare le storie delle ultime donne ritratte.
L’incontro
Incontro Jennifer direttamente in piazza Duomo, nel cuore di Crema, per poi scoprire che proprio questa piazza ha un ruolo centrale nella sua vita.
Il giorno del ritratto di Matilde
La prima cosa che mi dice Jennifer, per raccontarmi la sua storia, è che ha solo venticinque anni ma se ne sente addosso cinquanta. Dopo aver sentito la sua storia, ben comprendo questa sua affermazione.
Jennifer è nata in Germania, da madre italiana e da padre italo venezuelano. Ha vissuto in Germania fino ai dieci anni quando i suoi genitori hanno deciso di trasferirsi in Italia. I suoi genitori in Germania possedevano un ristorante, dove passavano la maggior parte delle loro giornate. Jennifer è stata così costretta ad abituarsi fin da bambina a stare da sola e a “crescersi” da sola.
Fin da piccola è sempre stata molto curiosa, ha sempre avuto fame di conoscenza e questo l’ha portata ad imparare a leggere a quattro anni. Ricorda con molto amore il tempo trascorso con suo zio, che le teneva spesso compagnia quando i suoi genitori erano al lavoro.
Già da piccola amava cantare e ballare. Volendo cantare al karaoke, chiede a tutti di insegnarle le lettere dell’alfabeto e pian piano impara a leggere in autonomia, ben prima di arrivare alle Scuole Elementari.
Il primo dolore a sette anni
E’ stata costretta a crescere in fretta, Jennifer. A sette anni, il suo adorato zio, muore in maniera drammatica, ucciso per mano della moglie.
Accade un giorno, mentre Jennifer si trovava a scuola. Ricorda come fosse oggi, suo padre che è andato a prenderla a scuola, ben prima del termine delle lezioni. La cosa la insospettì subito perché l’uomo non andava mai a prenderla a scuola, perché era sempre sua madre a farlo. Il suo primo pensiero è stato che fosse successo qualcosa a sua madre. Spaventata ha chiesto al padre insistentemente se la madre stesse bene.
Le dice che sarebbero andati da uno zio, da cui andavano molto raramente perché suo madre si trovava da lui. Un ulteriore elemento che ha fatto capire a Jennifer che qualcosa non andava. All’arrivo scopre che suo zio è morto quel giorno.
I suoi genitori, per proteggerla, non le dicono come era accaduto. Ma la sua voglia di sapere non si placa nemmeno davanti ad un dramma simile e origliando sente la verità.
Per lei è un colpo durissimo. Ricorda che le sue cugine giocavano con le bambole e dentro di sé si stupiva del fatto che lei non riuscisse a dedicarsi all’attività ludica. Da quel momento per lei niente sarà più come prima.
Il ricordo è ancora molto vivido nella sua mente, perché per lei quello è stato il momento in cui ha perso il suo vero punto di riferimento.
Il trasferimento in Italia
Quando Jennifer ha dieci anni, i suoi genitori hanno deciso di trasferirsi in Italia, lasciando il ristorante, di cui non sostenevano più i ritmi, arrivando a Crema, dove la madre di Jennifer aveva una sorella.
Per Jennifer è stato un cambiamento molto forte, non la prende bene, perché in Germania ha lasciato i suoi cugini e i suoi zii a cui era molto legata, per arrivare in un luogo in cui non conosceva nessuno.
Dopo pochi anni, quando lei ha quindici anni i suoi genitori decidono di separarsi e per lei quello è il momento in cui inizia a prendersi cura della madre, iniziando a lavorare per potersi mantenere gli studi per non voler gravare su sua madre.
Scuola e lavoro
Di mattina frequentava il Liceo delle Scienze Umane, il pomeriggio lavorava in un negozio e alla sera in un bar. La notte studiava. In pratica la sua vita è stata un incastro continuo di orari e impegni. Non si fermava mai, dorme poche ore alla sera e, con un thermos di caffè a fianco, passava la notte a studiare per il giorno successivo.
Ha sempre amato leggere e grazie alla sua curiosità, è sempre riuscita a divincolarsi in ogni situazione, anche nelle giornate in cui non aveva studiato perfettamente, perché il giorno prima aveva lavorato.
Molti dei suoi insegnanti non la comprendevano, e la vedevano come quella che voleva andare a lavorare per non studiare, quando in realtà per lei era esattamente il contrario. Andava a lavorare per potersi permettere di studiare e pagarsi libri ed eventuali gite.
Un amore difficile
Con lei la vita non è stata molto magnanima. I drammi non sono finiti. A sedici anni incontra e si innamora di un ragazzo. In apparenza il ragazzo perfetto.
Iniziano a frequentarsi, prima in compagnia, poi come coppia e la loro storia dura quattro anni. Un amore difficile, in cui Jennifer conosce purtroppo il dramma della violenza psicologica, che si trasforma in violenza fisica in alcuni episodi.
Ci vogliono anni prima che riesca a prender coscienza di quanto sia grave la sua situazione, ma grazie all’incontro con l’Associazione “Donne contro la violenza” a cui si era rivolta per una situazione di mobbing sul lavoro, riesce a liberarsi di ciò che stava passando e a capire che quello non era un amore sano.
Un nuovo dolore
Purtroppo per lei, appena chiuso quel capitolo difficile e doloroso della sua vita, se ne apre presto un altro ancora più pesante. Viene a mancare l’ex compagno di sua madre, che per Jennifer era una figura importante della sua vita. In lui aveva finalmente trovato quella figura paterna che le era mancata.
Non si dà abbastanza tempo per elaborare quel lutto così come la fine della sua relazione, ma decide di partire per la Germania per andare a lavorare. Per un mese vive là. Partita con l’idea di tornare alle sue origini, nella sua terra d’infanzia, si rende presto conto che tutto è cambiato. Lei è cambiata e dopo un mese decide di rientrare in Italia.
Nel frattempo aveva iniziato a frequentare un ragazzo che dopo poco decide di raggiungerla in Italia e dare alla loro storia una possibilità di crescita.
Il crollo
Dopo pochi mesi Jennifer inizia ad accusare un malessere e da lì inizia per lei un lungo calvario. Ha vissuto per nove mesi in uno stato depressivo che le impediva di vivere normalmente la sua vita. Ricorda di aver passato giornate intere su una sedia in casa sua senza aver la voglia e la forza di fare nulla. Lei che è sempre stata iperattiva vive un profondo distacco da se stessa.
Non si riconosce più. Al suo ragazzo, che l’aveva conosciuta piena di energia e ottimismo, cerca di spiegare che quella versione di lei non è la sua reale personalità. Lui stesso resta disorientato dal cambiamento che vede nella sua ragazza. Sia lui che la madre di Jennifer cercano di spronarla ad uscire, a stare in mezzo alla gente, a ricominciare la sua vita di sempre, ma lei si sente paralizzata e incapace di reagire.
Una mattina, ricorda di essersi alzata e di essersi ricordata della fenice che ha tatuata sul suo fianco destro. La fenice, simbolo di rinascita, la pone davanti ad un bivio estremo: “O muori o scegli di vivere”.
Sceglie di rinascere
Si rende conto di esser arrivata a fare pensieri drammatici in quei mesi, ma nel momento più buio, sceglie di rinascere.
In quei lunghi mesi di inattività e di distacco da sé e dal mondo non era riuscita a chiedere aiuto a nessuno.
Il fatto di non essersi data il tempo di elaborare la fine della relazione e il grave lutto a breve distanza, avevano creato in lei quel forte malessere.
Quello che mi piace di Jennifer è il suo sorriso. Mentre mi racconta la sua storia riesce a sorridere e mi colpisce il suo sguardo che si fa brillante, vivace, segno di chi, nonostante tutto, sa di avercela fatta.
Gli studi di psicologia
È una grande appassionata di psicologia e questa passione l’ha spinta ad iscriversi alla Facoltà di Scienze Psicologiche, qualche anno fa.
Con i suoi ritmi frenetici, è arrivata a barcamenarsi tra tre lavori contemporaneamente e questo l’ha rallentata nel dare gli esami.
Ogni esame che riesce a passare, è per lei motivo di orgoglio. Vive tutto in maniera amplificata visto che si è sempre dovuta sacrificare per ottenere qualcosa e considerando il fatto che durante le Scuole Superiori alcuni insegnanti non le davano il credito che meritava.
Solo alcuni la sostenevano per la sua mente vivace che le permetteva di cavarsela anche in situazioni di difficoltà, molti altri invece non ritenevano che avrebbe potuto avere un futuro in Università, ma le prospettavano un lavoro come quello di pulire le scale, come unica conseguenza.
A lei, che di lavori ne aveva sempre fatti parecchi, di certo non le sarebbe importato occuparsi delle pulizie, perché per lei ogni lavoro ha la sua dignità. Ma il fatto che la denigrassero perché non vedevano in lei le capacità per farcela, è stato sicuramente un grande sprono ad impegnarsi ancora di più.
Non si è mai sentita molto considerata, sia in famiglia che a scuola. Con gli anni e con le esperienze passate è riuscita a diventare autonoma e in grado di farsi scivolare addosso le critiche e i giudizi delle altre persone, che prima la ferivano molto.
Un nuovo equilibrio e la voglia di aiutare gli altri
Oggi sente di aver raggiunto un suo equilibrio e soprattutto ha capito cosa vuole fare nella sua vita. Sta svolgendo l’anno di Servizio Civile presso l’Associazione Donne contro la violenza, un luogo che l’ha accolta e in cui sente di aver trovato la sua dimensione.
Grazie a questa esperienza, ha capito che ciò che vuole fare è aiutare le altre persone, soprattutto le categorie più sensibili, come le donne, i bambini e gli anziani. In particolare il tema della donna le sta molto a cuore ed è fermamente convinta che occuparsi di donne in difficoltà è ciò che vuol fare nella sua vita, essendo caratterialmente predisposta ad ascoltare gli altri e ad aiutarli.
È uno spirito passionario, Jennifer. Non riesce a sopportare i soprusi. Le è successo di intervenire in una scena che le si è presentata davanti agli occhi, dove un uomo, visibilmente alterato dall’alcool se la stava prendendo col suo cane. Non ci ha pensato due volte ed è intervenuta urlando contro l’uomo e chiamando i carabinieri.
Per sua fortuna, a poca distanza, c’era un agente in borghese che stava per intervenire, e una volta risolta la situazione, le ha consigliato di stare più in guardia per la sua incolumità. Ma per lei è difficile riuscire a non intervenire, anche se razionalmente, sa di correre dei rischi.
Il pensiero di Jennifer riguardo a Crema
La prima volta che è arrivata a Crema, l’ha odiata perché la vedeva come il posto che l’aveva strappata dalla sua famiglia in Germania. Là aveva lasciato i suoi zii e i suoi cugini a cui era molto legata e a cui si poteva appoggiare quando i suoi genitori lavoravano. A Crema, al contrario, non aveva nessuno, se non una sorella di sua madre e dei cugini con cui ai tempi non aveva rapporti. Pian piano però Crema l’ha conquistata, l’ha fatta sentire accolta e ora la ama profondamente. Tanto che quando è ritornata in Germania due anni fa, non si sentiva più a casa come un tempo.
Ha vissuto Crema in maniera molto forte, lavorando in vari locali del centro, in particolare ha un forte legame con la Piazza Duomo avendovi lavorato a lungo, sia in un bar che nella pizzeria e a questo posto sono legati ai suoi ricordi e il suo vissuto in maniera indissolubile.
Jennifer e la fotografia
Della fotografia ama i dettagli. Spesso si ritrova a scattare dei dettagli di una scena o un elemento che per lei ha un significato simbolico a cui associa un suo significato, perché ritiene la fotografia un mezzo per comunicare il proprio pensiero. Seppur contro le logiche, ama essere fuori dagli schemi e detesta le convenzioni.
Essere davanti alla fotocamera la fa sentire un po’ a disagio perché tende a notare ciò che in lei non le piace, e mi confessa che nelle foto di gruppo tende sempre a nascondersi dietro a qualcun altro e a mostrare ben poco di sé.
Per partecipare al progetto “Donne di Crema”
Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.
Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.
Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo
Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.
Il progetto “Donne di Crema”
“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.
Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.
Saranno quindi ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere lei stessa il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata e averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).
Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.
Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.
La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.
In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo però l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.
Se sei di Crema (ci sei nata e hai vissuto qui molti anni, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi un’email: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.
Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.
Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!