Donne di Crema: il ritratto di Gianna

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Donne di Crema sta volgendo al termine, gli ultimi incontri segnano quasi un ritorno alle origini, da dove tutto è partito. Con Gianna ci incontriamo di persona, come nella formula originale del progetto, eliminando tra noi il mezzo digitale.

L’incontro

Mi accoglie nella sua casa e subito scopro una persona dai modi eleganti e delicati. Ha una risata che nasce spesso spontanea, mettendomi subito a mio agio e dandomi l’impressione di aver di fronte una persona che conosco da tempo.

Davanti ad una tazza di the fumante, Gianna mi racconta la sua storia, di una ragazzina alle Medie che aveva già intravisto una sua possibile strada futura, ma che non ha seguito, per poi ritornare in età adulta facendole scoprire una grande passione per ciò che fa.

Il ritratto di Gianna per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Gianna per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Gianna

Gianna è la Presidente dell’Associazione Donne contro la violenza e da quasi trent’anni opera sul campo nell’accogliere e ascoltare le donne che stanno vivendo situazioni di violenza e di difficoltà. Non si può narrare la sua storia senza citare il suo grande impegno, visto che la sua vita è fortemente intrecciata a quella dell’Associazione.

Trascorre la prima parte della sua vita in un piccolo paese fuori Crema e, pensando alla sua infanzia, la sua memoria va subito ai momenti spensierati trascorsi giocando con gli altri bambini, nel cortile in cui vivevano.

Mi racconta che i suoi genitori coltivavano la terra e per lei questo significava spazi aperti in cui crescere e ricorda con piacere le cose semplici della vita di paese, come quando con gli altri bambini, andava a scuola a piedi, tutti insieme.

L’infanzia

La sua infanzia non è composta solo da ricordi leggeri, però, perché a quegli anni risalgono alcuni lutti in famiglia, tra i suoi zii, a quei tempi ancora molto giovani. Col senno di poi si è resa conto che quegli avvenimenti venivano trattati con delicatezza. Come “normali passaggi della vita”, per far sì che lei e gli altri bambini potessero imparare a convivere anche con i momenti difficili ma inevitabili della vita.

È sempre stata una bambina molto espansiva e socievole a cui piaceva molto stare in mezzo agli altri. Non sa dire se era già così di natura o lo è diventata perché la sua famiglia viveva insieme alla famiglia di suo zio che aveva altri due figli e con la nonna, formando una squadra di otto persone.

C’era un forte senso di condivisione tra loro e, in più, suo padre aveva un animo molto altruista e capitava spesso che portasse qualcuno a pranzo o cena.

I dubbi sul futuro

Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie nel suo paese, amando le lingue straniere si iscrive al Liceo Linguistico a Crema, cambiando totalmente i suoi compagni di classe e il contesto attorno a lei.

Confessa che al momento della scelta delle Scuole Superiori non aveva ancora le idee chiare sul suo futuro. Ciò che l’aveva spinta a frequentare quell’indirizzo di studi era la curiosità di poter imparare le lingue e poter viaggiare all’estero.

Durante l’ultimo anno di scuola, sente forte in lei l’esigenza di diventare autonoma, anche per non gravare ulteriormente sulle spalle dei suoi genitori. Per questo parte per lavorare come ragazza alla pari a Londra, esperienza che ripete a Parigi durante l’estate successiva.

Al termine del Liceo, si aprono per lei le porte del mondo del lavoro, per lo più con mansioni da segretaria, prima in paese e poi in zona milanese, lavoro che svolge tutt’ora.

Una grande curiosità e voglia di fare esperienze

Nonostante tutto, continua a sentire in sé la voglia di fare nuove esperienze, anche se non si è ancora chiarita le idee sul suo futuro. Si iscrive così ad un corso annuale sulle discipline turistiche all’Università Bocconi a Milano, che frequenta il sabato, l’unico suo giorno libero della settimana, per poi spaziare in vari ambiti per cercare la sua strada e capire quali sono le sue passioni.

Con l’arrivo dei quarant’anni inizia a guardarsi indietro e rimpiange un po’ il fatto di non aver avuto chiarezza negli anni precedenti, riguardo ciò che avrebbe voluto fare. Si rende conto che il tempo impiegato per fare tutte le esperienze fatte lo avrebbe potute incanalare per poter dare un indirizzo diverso al suo percorso.

La capacità di aiutare gli altri

“La cosa assurda è che quando ero alle Scuole Medie, davanti alla domanda riguardo cosa avrei voluto fare da grande, rispondevo che volevo fare l’assistente sociale. Non so perché non ho poi coltivato questa idea, con più convinzione, ma l’ho lasciata andare. Con il mio percorso recente mi rendo conto che a quell’età avevo intravisto quello che è poi diventato il mio obiettivo.”

Gianna

La sua capacità e volontà di dedicarsi all’altro sono sempre stati aspetti latenti in lei, ha sempre sentito il bisogno di cercare e di stare con le altre persone perché per lei significa stare bene.

Quando sua figlia era adolescente l’ha punzecchiata alcune volte, proprio per questa sua propensione a mettere gli altri prima della sua famiglia. Ammette che un fondo di verità nelle sue parole c’è, e guardandosi indietro è un po’ un suo rammarico.

“Guardando indietro nel tempo, ho sempre fatto delle scelte che mi hanno portata a sacrificare un po’ la famiglia, ritagliandomi lo spazio per le amicizie. Quando poi ho iniziato a fare la volontaria, quell’esperienza mi ha preso molto tempo, perché è stata sempre più coinvolgente e mi ha portata alla consapevolezza che mi sarebbe piaciuto un lavoro anche di cura più strutturato.”

Gianna

La scoperta dell’Associazione Donne contro la violenza

È in quegli anni che scopre per caso la realtà dell’Associazione Donne contro la violenza di Crema, grazie ad una sua amica che la invita ad accompagnarla ad un incontro che avevano organizzato.

In Gianna, in quel primo incontro, scatta subito una grande curiosità che la porta a seguire anche i successivi incontri di questa Associazione nata da poco. Esisteva da cinque anni ed era composta da sole sette persone, i primi sportelli per le utenti era organizzati all’interno della sede della Cgil, perché non avevano ancora una sede.

A quei tempi, l’Associazione, non era ancora strutturata come oggi in cui le volontarie frequentano corsi di formazione, ma la formazione la facevano direttamente sul campo.

“Era una realtà ancora poco conosciuta sul territorio, c’erano pochissime persone che si rivolgevano a noi, e avevamo gli sportelli telefonici dedicati, il sabato mattina.”

Gianna

Ha visto cambiare tutto in trent’anni di attività, la società stessa era diversa e le donne hanno imparato col tempo a capire la realtà dell’Associazione e quindi trovare la fiducia di rivolgersi a loro. Hanno lavorato tanto per farsi conoscere nel territorio e nel creare la propria struttura.

La formazione come punto fermo

“Con gli anni, la formazione è diventata un punto fermo perché ci si rende conto della gravità del problema e di quanto bisogna essere attenti nell’affrontarlo. Le donne si rivolgono a noi e ci raccontano pezzi della loro vita. Bisogna tenere la giusta distanza, per non entrare troppo in sintonia o per non entrare in collisione, perché il rischio è di essere più dannose che d’aiuto.”

Gianna

È grazie alla sua grande curiosità che una quindicina di anni fa scopre e frequenta un corso di Counselor, dopo alcuni anni da volontaria in Associazione.

Una delle motivazioni che l’ha spinta era la voglia di avere degli strumenti per poter operare ancora meglio nell’ambito dell’Associazione.

“Per riuscire a tenere la giusta distanza è molto importante la formazione. È un processo che è sempre in divenire, perché non è niente di raggiunto, perché avendo a che fare con le emozioni e le storie degli altri, puoi sempre arrivare a sollecitare una tua corda che magari avevi dimenticato nel tempo.”

Gianna

L’imprevedibilità delle situazioni

Nonostante l’esperienza dei suoi ventisette anni in Associazione, ammette che ci sono ancora delle situazioni che non sono prevedibili. Anche nei casi in cui pensa di aver inquadrato una persona, è poi capitato che la donna non tornasse a farsi aiutare.

“Il lavoro che si fa è un’opportunità verso l’altro, che può decidere di cogliere oppure no.”

Gianna

Mi racconta che ci sono storie che si ripetono ciclicamente, e può capitare che nell’arco della giornata, il suo pensiero vada alla persona che le ha raccontato un episodio in particolare. Una sua frase mi dà una nuova chiave di lettura:

Riconoscere all’altro la propria competenza

“Se riconosci all’altro la propria competenza, non devi fartene carico. Non serve farsi prendere dall’ansia perché anche la tua qualità della vita come volontaria, ne risente. È fondamentale dare un riconoscimento all’altro perché non è che se ti ascolto io ne so più di te, anzi, sulla violenza io ne so meno della vittima. Ecco perché è importante aiutarsi a vicenda in quella che viene chiamata la relazione d’aiuto. Non c’è uno che deve imparare e uno che deve dare informazioni. Bisogna avere strumenti per non andare in automatismo. Il rischio è che scatti un po’ il soccorso nel senso che se vedo che la donna ha una difficoltà faccio io qualcosa per lei. Questo non funziona perché vuol dire che mi sto sostituendo a lei e non le sto riconoscendo che è in grado di farlo ed è già quello che sta vivendo nella violenza che ha denunciato.”

Gianna

Ogni persona che si rivolge al centro antiviolenza ha un modo differente di vivere la violenza. Non è facile per le volontarie, riuscire a trovare il giusto equilibrio nell’aiuto e la giusta distanza nel rapporto con la persona che si rivolge al Centro. Il rischio, mi spiega, è quello di essere troppo materna con chi è più abbattuta, o essere troppo combattiva con chi si pone in maniera più aggressiva.

L’importanza del confronto

Un aspetto importante per riconoscere la propria situazione è il confronto con le altre persone. Riuscire ad aprirsi e andare oltre quello che Gianna chiama “il muro della vergogna”, può aiutare le donne, vittime di violenza, a capire che ciò che stanno vivendo non appartiene alla normalità.

“Chi vive in una situazione di violenza, ci mette tanto a rendersene conto ed è assurdo da dire ma è come se fosse una sorta di confort zone, perché sa cosa può succedere, la conosce. Ciò che rende difficile prendere la decisione di fare il primo passo per uscirne è proprio il fatto di conoscere ciò che si vive, ma non ciò che può succedere dopo.”

Gianna

Restare nella zona di confort

Ripensando alla sua vita riconosce di aver sempre avuto la curiosità nel provare nuove esperienze, ma di non essere mai stata una persona determinata nel perseguire un obiettivo. Così come da ragazzina che aveva individuato alcune strade ma che poi non aveva seguito, così è stato un po’ il filo conduttore della sua vita anche da adulta. La sua voglia di rimanere nella sua confort zone, seppur provando cose nuove, non l’ha mai portata a distaccarsi dalla sua vita.

Una cosa su cui è sempre stata determinata nella sua vita, invece, è l’importanza del coltivare i propri spazi facendo le proprie esperienze, anche se ammette che oggi, riguardandosi indietro forse valuterebbe meglio la distribuzione dei tempi.

Una frase che si ripete spesso e ripete alle donne dell’Associazione riassume un po’ la sua visione:

“Ognuno quando fa una scelta, pensa di star facendo la scelta migliore, poi magari scopri che non era così, ma è importante che in ogni situazione utilizzi quello che hai a disposizione.”

Gianna

Riguardo a Crema

Arriva a Crema dal suo paese d’origine, e per lei è sempre stata un punto di riferimento anche prima che vi si trasferisse in pianta stabile. L’ha vista migliorare nel tempo sia dal punto di vista delle iniziative che dal punto di vista della vivacità. Si è sempre trovata bene e non ha mai avuto l’idea di trasferirsi altrove.

Piazza Garibaldi a Crema (Cr), il luogo scelto da Gianna per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
Piazza Garibaldi a Crema (Cr), il luogo scelto da Gianna per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Gianna e la fotografia

A Gianna piace molto fotografare perché per lei la fotografia rappresenta la sua personale memoria. Riesce a ricordare i luoghi visitati solo se li ferma in uno scatto. Le piace raccogliere tanti ricordi dei momenti vissuti con la famiglia o con gli amici, scattando parecchio durante qualunque incontro.

Essere fotografata, al contrario, non le piace proprio perché non riesce a piacersi, non le piace la sua espressione o la sua figura. Così come le piace tanto fotografare, della sua persona invece non è mai soddisfatta.


Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” : 100 donne di una cittadina raccontano le loro storie, per scoprire e mostrare chi sono le donne di oggi.

I ritratti rappresentano donne contemporanee, che col loro contributo aiutano a costruire giorno dopo giorno la realtà locale cittadina, e al contempo la società moderna, portando la loro ricchezza a livello umano e il loro impegno professionale e personale.

Impegnate a far fronte a pregiudizi, disuguaglianze e a difficoltà che la vita presenta loro, mostrano la loro forza di carattere nell’affrontare battaglie da cui escono ogni volta sempre più forti e sicure di sé, riuscendo a mantenere il sorriso sulle labbra, e la voglia di aiutare chi sta loro accanto.


Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

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