Donne di Crema: il ritratto di Fulvia

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Donne di Crema insegna sicuramente tantissimo a livello umano e fra tutte la capacità di non arrendersi e non abbattersi è quella che più caratterizza le donne che ho incontrato.

Le Donne di Crema che ho incontrato e ascoltato hanno saputo rialzarsi ogni volta che la vita ha cercato di metterle al tappeto. Hanno saputo reagire e hanno fatto tesoro delle esperienze vissute, a volte anche drammatiche, cercando di recuperare un senso positivo dal dolore provato.

Come la storia di Fulvia, pregna di difficoltà e tanti dolori, in cui lei ha saputo reagire, facendosi forza grazie alle persone che ha accanto, per trovare un modo positivo di affrontare le situazioni e trarre qualcosa di buono dal dolore.

L’incontro

Fulvia è un’esplosione di emozioni contrastanti. La sua ironia nel raccontarsi mi conquista subito perché nonostante le tante battaglie affrontate nella sua vita, non ha perso il sorriso, la voglia di lottare e di crederci sempre.

Ha imparato a ridere, Fulvia. La vita l’ha messa alla prova e le ha sferrato colpi che avrebbero steso chiunque. Ha scelto di rialzarsi ogni volta, facendo tesoro del vissuto e diventando ogni volta ancora più sensibile ed empatica verso gli altri.

Fin dalle prime parole scambiate mi avverte che è molto emotiva e si commuove facilmente. Mi colpisce che me lo dica, come se mostrare la propria sensibilità fosse un difetto. È un fiume in piena nel raccontarsi e io la ascolto rapita.

Il ritratto di Fulvia per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Fulvia per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Fulvia

La sua storia parte dalla sua infanzia felice in cui si descrive come una bambina tranquilla e molto studiosa. Ha iniziato presto a doversi confrontare con un mondo più grande di lei, fatto dalla disabilità di suo padre, Ariberto, colpito da bambino dalla poliomielite, come tanti altri suoi coetanei “nati in via Rivafredda” a Crema.

Suo padre ha avuto una vita segnata da una serie di problemi di salute, ma ha lasciato a Fulvia un grandissimo insegnamento: gioire delle piccole cose della vita.

“Siamo in salute, vediamo, sentiamo e parliamo e, credimi, non sono affatto cose scontate.”

Fulvia

L’esempio dei genitori di Fulvia

Per sette lunghi anni suo padre non ha potuto parlare, camminare e mangiare e Fulvia ha capito che ciò che diamo per scontato ogni giorno della nostra vita, come il poter vedere, parlare e anche masticare e nutrirci, sono cose fondamentali che troppo spesso sottovalutiamo ma che in realtà sono una fortuna incredibile.

Nonostante le grandi problematiche di salute, suo padre è stato per lei un esempio di sensibilità e disponibilità verso gli altri. Ricorda che non si è mai risparmiato. Era sempre indaffarato ad aiutare qualcuno, non si lasciava fermare dalla stanchezza, anche se poi chiedeva un po’ troppo a se stesso.

Anche sua madre è stata un grande esempio di generosità per Fulvia. È sempre stata pronta ad aiutare tutti e ancora oggi si dà un gran da fare per chi ne ha bisogno.

Fulvia è come loro: non sa fare a meno di spendersi per gli altri, anche se ammette che a volte esagera un po’.

La vita di Fulvia è legata indissolubilmente a Crema. La storia della sua famiglia si svolge tutta attorno al centro cittadino. A partire da suo padre nato e cresciuto in via Rivafredda, proprio a due passi dalla Piazza Duomo, dove lo zio di Fulvia aveva una merceria storica sotto i portici e un altro suo zio lavorava in Comune, posto che attualmente Fulvia sta ricoprendo per un tirocinio.

L’incontro con l’amore della vita

Si sente il forte amore per la sua famiglia di origine e per quella che ha creato col suo grande amore, Erminio, con cui è letteralmente cresciuta. Mi racconta del loro primo incontro: lei dodicenne lui poco più grande.

“A dire il vero, a quei tempi, a lui piaceva mia sorella e un giorno suonando il campanello, mi sono affacciata alla finestra per vedere chi fosse e l’ho visto. Per lui è stato amore a prima vista. Io l’ho scoperto col tempo. Siamo insieme da tutta la vita: da trentacinque anni.”

Fulvia

Diventare grandi tutto d’un colpo

A sedici anni per Fulvia cambia tutto. La sua vita da adolescente concentrata sullo studio cambia radicalmente. A quei tempi suo padre era ricoverato all’Ospedale di Bergamo e sua madre, Donata, mentre tornava verso casa ha avuto un incidente molto grave mentre era alla guida della sua auto.

Inizia per la donna, e per le sue figlie, un lungo calvario. Mentre sua madre viene ricoverata in ospedale in condizioni gravissime, Fulvia e sua sorella, appena più grande, sono costrette a crescere tutto d’un colpo.

Si ritrovano a doversi occupare di faccende legate alla casa che non avevano mai fatto, oltre a dover gestire questioni burocratiche e a dividersi tra queste e l’andare a trovare i genitori in ospedale.

Ricorda lucidamente la notte in cui, lei e la sorella attendevano un responso sulla madre, di aver passato la notte nel letto dei genitori, mentre si stringevano forte la mano per darsi forza. Una notte interminabile.

Dopo parecchi mesi la madre ritorna a casa e inizia una nuova vita per tutti loro, in cui le ragazze devono occuparsi di lei.

Non si lasciano abbattere e con tanto impegno e tanta forza affrontano anche quel momento doloroso e complicato.

Gli studi e l’inizio del lavoro

Sul fronte degli studi, Fulvia, dovendo dare una mano nell’azienda del padre, sente di dover proseguire la loro strada nel ramo della chimica, mettendo in secondo piano il suo amore per la scrittura.

Da persona responsabile, anche se non sente di amare particolarmente la chimica, si impegna e porta a termine il ciclo di studi. Grazie agli ottimi risultati viene selezionata per un colloquio di lavoro presso un importante gruppo petrolifero.

In quell’azienda, ha la possibilità di poter viaggiare e si appassiona molto a quel lavoro. Raggiunge una sua stabilità economica e decide di sposarsi col fidanzato. È a quel punto che l’azienda, decide di licenziarla in previsione di eventuali gravidanze.

L’amore per il suo fidanzato, divenuto poi marito, è la parte della vita di Fulvia che scorre serena e la sostiene nei momenti difficili. Anche dopo il licenziamento ingiusto non si lasciano abbattere e proseguono nel loro intento di crearsi una famiglia.

La creazione della sua famiglia

Il loro amore viene allietato dalla nascita del loro primo figlio, Pietro, che oggi ha vent’anni, seguìto dopo poco tempo dalla nascita della seconda figlia, Emma.

Fulvia si sente mamma in ogni poro della sua pelle. Adora coccolare i suoi figli e si definisce una mamma “abbracciosa”. Per i primi due figli, da buona studiosa qual è, ricorda di aver letto un’infinità di libri sulla maternità e sui bambini per poter essere preparata e attenta.

Mi racconta di averli voluti coinvolgere in attività educative come i pomeriggi in biblioteca e limitando il più possibile le ore davanti alla tv. È fiera di come siano cresciuti perché li vede responsabili, tranquilli, sensibili.

A distanza di alcuni anni, dalla nascita di Emma, arriva la loro terza figlia: Francesca che oggi ha otto anni.

Una gioia infinita per loro, anche se ammette che diventare madre a quarant’anni è stato molto diverso dalle altre due gravidanze. Lei stessa si sente più rilassata, con qualche energia in meno e confessa di concederle qualche vizietto in più rispetto ai fratelli alla stessa età.

I problemi di salute

Purtroppo la gioia della nuova nascita porta in sé un risvolto della medaglia parecchio pesante per Fulvia. Inizia ad aver dei problemi di salute, causati da una malattia autoimmune non riconosciuta subito. I medici tentano vari approcci ma una di queste terapie le causa una fortissima reazione allergica e una notte si sveglia sentendo che qualcosa non va.

Il suo viso inizia a gonfiarsi e guardandosi allo specchio è sconcertata. Non riesce a riconoscere il suo viso. Paura e sgomento la assalgono. È stato uno dei momenti più difficili che ha passato e che l’ha segnata di più intimamente. Guardarsi e non riuscire a riconoscersi l’ha spaventata, si è sentita privata della sua identità.

Col senno di poi si rende conto che è l’inizio di una lenta metamorfosi che l’ha portata ad essere la persona che è oggi.

Dopo vari accertamenti le diagnosticano una grave reazione allergica alla terapia assunta.

Il processo di guarigione è lento, doloroso fisicamente e psicologicamente, perché scopre di essere allergica a moltissime cose. È talmente fragile da non poter nemmeno tenere in braccio la sua piccola Francesca.

La bimba per i primi due anni di vita, vede la mamma in quelle condizioni.

Nuovi problemi all’orizzonte

Pian piano Fulvia inizia a riprendersi, nel frattempo, Francesca inizia la scuola materna e nuovi problemi sorgono all’orizzonte. All’asilo nido la bambina era serena, cresceva bene e faceva i progressi tipici di quell’età, quando inizia la scuola materna, inizia invece a mostrare dei segnali che destano in Fulvia dei pensieri.

Inizia a perdere quell’autonomia che la piccola aveva acquistato al nido e a fare passi indietro. Qualcosa non va. Dopo tre mesi di asilo la bambina gela il sangue ai suoi genitori dicendo di esser stata picchiata dalla maestra.

“La mia reazione davanti a quelle parole è stato il panico, quello che ti gela in un istante tutto il corpo.”

Fulvia

Cerca di capire meglio dai racconti della piccola cosa potesse essere successo e si rende conto di alcuni segnali che aveva notato ma a cui forse non aveva dato il giusto peso, perché mai avrebbe immaginato tale realtà.

Si mette in moto subito sporgendo denuncia ai carabinieri e nel giro di pochi giorni lasciano il paese in cui abitavano da qualche anno per far ritorno a Crema e iscrivendo la bambina in un nuovo asilo.

Il trauma subìto dalla bambina è grande e a distanza di tempo manifesta comportamenti che preoccupano Fulvia e il marito e li porta a decidere di farle fare delle visite specialistiche più approfondite che rivelano che la piccola è nello spettro autistico.

L’importanza dell’unione familiare

Una nuova strada da percorrere ma grazie all’unione famigliare viene affrontata con amore e impegno. L’intento è quello di far sì che la figlia possa crescere serena e che a scuola sia seguita da un insegnante di cui la bambina si possa fidare.

È incredibile ascoltare la storia di Fulvia perché ad ogni passo appaiono ostacoli nuovi da scavalcare, ma è altrettanto importante vedere come sia riuscita a non perdere mai la speranza e la voglia di andare avanti.

Un altro trauma

I dolori per lei e la sua famiglia non sono ancora finiti e pochi anni fa vengono colpiti da un lutto improvviso. A causa di un incidente, perde la vita suo nipote. Succede tutto nella frazione di pochi istanti, poco distante da casa.

In un attimo, ancora una volta, la loro vita cambia drasticamente. Ricorda ogni secondo di quei giorni. Il momento in cui ha ricevuto la notizia da suo cognato, il momento in cui ha dovuto comunicarlo a sua madre e ai suoi figli, l’incontro con la sorella.

Le lacrime scorrono ancora oggi perché non è umanamente accettabile vedere un ragazzo uscire di casa, salutare la madre come sempre e non vederlo più tornare. Fulvia ricorda di aver passato la notte, accanto a sua sorella, stringendole la mano come quando erano adolescenti e attendevano il responso sulla madre.

Una tragedia che si rinnova a distanza di nove mesi quando il padre del ragazzo cede sotto i colpi del dolore e della grave malattia che lo aveva colpito. Un lutto infinito e un dolore che non è possibile dimenticare.

Trarre qualcosa di positivo da tutto quel dolore

Grazie al suo carattere e agli insegnamenti ricevuti dai suoi genitori, Fulvia, per quanto colpita duramente dalla vita, non ha ceduto, ma ha saputo, a distanza di tempo, scovare una via per poter far sì che da tutto quel dolore si potesse trarre qualcosa di positivo.

Nasce da suo marito l’idea di rilevare la squadra di basket giovanile, le “Bees” di Offanengo in cui giocava il figlio, in ricordo del nipote. Una nuova avventura che permette loro di stare in mezzo ai giovani e di fare del bene.

“Abbiamo creato un metodo per sensibilizzare i ragazzi alla solidarietà verso chi è più svantaggiato. Per ogni ritardo agli allenamenti o per qualche parolaccia scappata, devono pagare una piccola sanzione. I soldi raccolti servono per donare dei giocattoli ai reparti infantili dell’Ospedale o altri beni per i centri di assistenza.”

Fulvia

La solidarietà e il fare del bene agli altri

La solidarietà e la voglia di fare del bene è molto forte in Fulvia. Non sapendo stare con le mani in mano, durante la pandemia del 2020 ha accettato una richiesta da una sua amica che voleva donare delle torte ai militari del campo base creato accanto all’Ospedale di Crema in aiuto per la situazione sanitaria.

Un gesto simbolico per ringraziarli di tutto il lavoro svolto per la nostra cittadina. Da qui l’idea di allargare un po’ la cosa. Insieme alle amiche Patrizia e Maria Pia, creano “Bees, Concuore e solidarietà” un’Associazione per aiutare chi si trova in difficoltà.

Inizialmente si occupano di fare i biscotti da regalare, poi si rendono conto che tante famiglie e tanti anziani fanno fatica con la spesa alimentare e da qui decidono di raccogliere alimenti da chi vuole donarli e portarli a chi ne ha bisogno.

Sono una piccola Associazione e nonostante alcune difficoltà date dal fatto di essere una realtà a sé non collegata a realtà già consolidate e attive sul territorio, non demordono e proseguono per la loro strada, convinte dell’importanza di essere d’aiuto.

Si rende conto di operare in un ambito molto delicato, dove è fondamentale tutelare la riservatezza delle persone coinvolte perché sono spesso insospettabili che si sono ritrovate a dover fare i conti con delle difficoltà economiche improvvise.

È molto felice ed orgogliosa di esser riuscite ad aiutare tanta gente e in poco tempo sono riuscite a creare una rete di solidarietà molto forte, passando anche tramite le farmacie, le parrocchie, alcuni Comuni e la Protezione Civile.

L’importanza di non essere soli

E’ coinvolgente ascoltare Fulvia perché ti rendi conto di quanto possa essere forte l’essere umano. Ciò che ha passato è davvero tanto per una sola persona, ma nonostante tutto è riuscita a reggere facendo tesoro, ogni volta, di ciò che ha vissuto.

Le chiedo come sia riuscita in tale impresa e la sua risposta mi colpisce molto. Da un lato mi confessa che la scrittura è stata fondamentale ma è un altro, l’aspetto per lei fondamentale da cui attinge la sua capacità a non mollare:

“Il segreto è non essere mai soli: la forza e la serenità derivano dalla famiglia e dagli amici che riescono a capire anche senza parole. Non è sempre facile sorridere ma mi rendo conto di essere circondata da persone meravigliose: a loro, e a chi non c’è più, devo tanto.”

Fulvia

Riguardo a Crema

Fulvia ama Crema totalmente. Sentirla parlare di Crema ti riempie il cuore di gioia, perché senti quanto sia orgogliosa e felice di vivere qui.

Crema è la sua “casa allargata” e quando porta a spasso il suo cagnolino le piace immaginarla un paio di secoli fa quando tutti i palazzi che ama erano vivi.

Quando si sente giù si concede una passeggiata tra i chioschi del Sant’Agostino, perché le dà pace.

Ogni persona della sua vita le ricorda un angolo di Crema: suo zio che lavorava in Comune, un altro zio che aveva la merceria in Piazza Duomo, suo padre che abitava in via Riva Fredda, la casa in cui ha convissuto con suo marito i primi anni di matrimonio, e la casa attuale che si affaccia proprio su una delle due vie centrali.

“Ogni sera, quando chiudo le persiane, godo della vista del centro illuminato. Non potrei vivere in altri luoghi se non a Crema, è qui che mi sento a casa.”

Fulvia

Vorrebbe vedere maggiori eventi dedicati alla scoperta della città antica, dove i cremaschi, e non solo, possano scoprire aneddoti, racconti e personaggi che l’hanno resa la cittadina che è oggi.

I Chiostri del Centro Culturale S. Agostino a Crema (Cr), il luogo scelto da Fulvia per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
I Chiostri del Centro Culturale S. Agostino a Crema (Cr), il luogo scelto da Fulvia per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Fulvia e la fotografia

Le è sempre piaciuto esser fotografata, ma in seguito alla malattia ha avuto qualche problema nel porsi davanti ad una fotocamera. Ha imparato col tempo e con la maturità ad accettare la sua immagine ritratta e a riconoscersi per come è. Un grande insegnamento che veicola alla figlia è proprio il fatto di essere tutti diversi e di essere se stessi.

“Se il mio viso ha questi segni è perché ho un passato da raccontarti. Se vuoi, ascolti, altrimenti usi i filtri.”

Fulvia

Le piacerebbe migliorare nelle fotografia, perché ammira chi sa fotografare bene e riconosce il valore della fotografia di saper riportare alla mente i tanti momenti vissuti.


Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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