Perché il dialogo col soggetto ritratto è fondamentale? Perché è questo aspetto che determinerà la buona riuscita del nostro ritratto a livello professionale, e la costruzione di un rapporto di fiducia, a livello umano.
Lo spunto per questo articolo nasce da un messaggio ricevuto da un fotografo in cui mi scrive che nei miei scatti percepisce la tranquillità e la serenità con cui i soggetti posano davanti a me.
Da qui l’idea di scrivere un articolo un po’ più approfondito su un aspetto del mio lavoro che non sempre è facile da ottenere.
Quando ho intrapreso la strada della fotografia, ho iniziato da autodidatta. La parte tecnica, si può studiare sui libri e internet è una fonte inesauribile di spunti e tutorial. Un aspetto che però non si impara sui libri è proprio il dialogo col soggetto ritratto, e quanto il rapporto con esso sia fondamentale.
Questa è stata la parte più impegnativa da conquistare.
Di base si deve lottare contro la naturale “diffidenza” provata davanti all’obbiettivo di una fotocamera. Non tutti reagiscono allo stesso modo. C’è chi si scioglie subito e si sente a proprio agio, chi ci mette un po’ più di tempo, chi nonostante tutto non riesce a lasciarsi andare.
Un po’ tutti, i primi attimi davanti alla fotocamera, con le luci addosso, si sentono spaesati.
Una delle paure più diffuse, da chi si vuol fare fotografe, è quella di non venir bene in foto. Molto spesso questa paura nasce dalla sensazione di disagio che si può provare davanti ad una macchina fotografica. E maggiore è la sensazione di disagio, più ci si irrigidisce e più il rischio di non venir bene è alto.
Come si possono, quindi, mettere a proprio agio le persone davanti a noi?
Con il dialogo. Cerco di parlarci parecchio: fin dai primi contatti via email quando mi chiedono informazioni, cerco di dare il maggior numero di dettagli possibili su come si svolgerà lo shooting, in modo che, quando verranno in studio, avranno già un’ idea di cosa andremo a fare.
Questo argomento vale sia per i soggetti privati che mi richiedono un ritratto, sia per le modelle professioniste o aspiranti tali.
Ogni volta che qualcuno entra in studio, deve essere messo a proprio agio. Molto dipende da noi fotografi. Dobbiamo essere capaci di instaurare sin da subito un rapporto di fiducia con la persona. Per ottenere questo il dialogo è fondamentale.
Nel tempo, ho capito che la forza di un sorriso sincero, sin dal momento del saluto di benvenuto, è un’ottima scelta per iniziare a creare un rapporto di fiducia. Un sorriso può svoltarti la giornata o anche solo distrarti dai tuoi pensieri per pochi istanti. Pensa a quando per strada incroci qualcuno e questi ti sorride.
“Sì, Monica, come minimo, di questi tempi, è un pazzo scatenato”
Ad esclusione dei casi umani malati, diciamo che incontrare qualcuno che ci sorride, ci fa stare bene. Sentiamo subito (o dovremmo sentirlo, se non siamo cinici e scontrosi) una bella sensazione dentro di noi. In mezzo a tante persone con la testa china sul cellulare, incontrare qualcuno che ci guarda in faccia è già una bella eccezione che ci coglie di sorpresa.
Se in tutto questo aggiungiamo un sorriso sincero sul suo volto, la voglia di restituire quel sorriso sarà tanta. Almeno per me è così. Devo dire che negli ultimi tempi, facendo un lavoro su di me, ho iniziato ad essere più “presente” quando sono in giro.
Sino ad un po’ di tempo fa, mi distraevo con la musica, guardavo il cellulare, leggevo qualcosa. Ultimamente mi sto guardando più attorno, noto le espressioni delle persone, quello che fanno, come si muovono. Mi è capitato di incrociare qualcuno e sorridergli per vedere la sua reazione. Veder restituire il sorriso è una cosa che scalda il cuore. Soprattutto in una società distratta, egoista e sempre di corsa come questa che viviamo.
Solitamente mi limitavo a sorridere ai bambini, mi viene spontaneo da sempre. Più sono piccoli, più mi viene da sorridere loro, e quando si accorgono di me, mi osservano e sorridono, mi riempiono il cuore di gioia. L’ho sempre fatto con i bimbi (dai neonati a quelli in età da scuola materna più o meno) che sono in quella fase dell’età in cui non hanno barriere e filtri. Se un bambino ti sorride è sincero.
Quindi, ricapitolando:
Il dialogo è fondamentale
Per instaurare un buon rapporto con qualcuno che vogliamo fotografare, la prima cosa da fare per metterlo a sua agio è accoglierlo con un sorriso sincero.
Una volta rotto il ghiaccio del primo istante, un’altra fase che ritengo importante è quella di instaurare il dialogo. Senza puntare subito la macchina fotografica in faccia alla persona. Ci si scambia quattro chiacchiere per conoscersi un minimo. In questa fase, sarà importante, per noi fotografi, osservare attentamente il soggetto.
Guardare come si muove, come gesticola, se è portato al sorriso o è più chiuso. Osservo il suo viso da più angolazioni per capire come poterlo inquadrare al meglio. Noto i dettagli, come per esempio, se è agitato e si tocca i capelli o si sistema un dettaglio dei vestiti, se incrocia il mio sguardo o se lo distoglie, se arrossisce, se ha una postura retta o al contrario se tende a chiudersi su se stesso.
Tutti questi elementi mi saranno utili in fase di scatto per rappresentarlo nella sua versione più simile a quella che avrò visto. Inoltre, capita che, se il soggetto non è abituato a stare davanti ad una fotocamera, o se è timido, inizierà a farsi venire mille dubbi. Uno tra i più diffusi è: “Dove metto le mani?”
Perché una delle cose che più ho notato è proprio questa, le persone si rendono conto di avere delle mani, nel momento in cui le stai fotografando. Nella vita di tutti i giorni non pensiamo certo a come impostare le nostre mani. Stessa cosa se ci facciamo un selfie, non ci poniamo la questione. Ma se ci troviamo su un set fotografico, ecco che di punto in bianco, le persone si rendono conto di avere queste due estremità e di non saper dove collocarle.
Non è un aspetto di cui preoccuparsi, muovendosi in modo naturale, verrà spontaneo porre le mani in grembo, per esempio, se il soggetto è seduto.
Una posa che vedo fare molto, soprattutto negli uomini, è quella di mettersi con le braccia conserte. Nell’atto in cui assumono questa posa, vogliono porsi in una condizione di forza. E’ una posa simbolo di chi vuol dimostrare forza e potenza. Ma ricordiamoci che le braccia conserte indicano un messaggio di difesa, che cela un disagio o un’insicurezza. Per natura, se ci sentiamo minacciati, tenderemo a portare le braccia al petto per proteggere gli organi vitali: il cuore e i polmoni.
Quindi se qualcuno assume questa posa, potrebbe essere che in quel momento non sia a suo agio o si senta imbarazzata.
Se invece incrociando le braccia, ci sarà una leggera torsione del corpo, vorrà significare che la persona si sente dominante. Si può notare questa posa nei ritratti di alcune persone di potere.
La mia osservazione sulla persona non si esaurisce sino a che la persona lascia lo studio. Mentre la sto fotografando, continuo a prestare attenzione e qualunque ombra mi pare di percepire sul suo volto. In questo caso mi fermo, abbasso la macchina fotografica e chiedo se va tutto bene.
Il dialogo con la persona
In questo modo, io mi accerto che non siano sorti problemi, e la persona capisce che se ha bisogno di un aiuto o di fermarsi un attimo, io sono ben disposta ad ascoltarla. Non sono lì per scattare a raffica una serie di foto per poi mandarti via. Per me la sessione del ritratto è un momento di scambio reciproco, di ascolto, di dialogo e solo se entrambe le parti sono a loro agio e aperte, allora potremo ottenere il ritratto migliore e entrare in contatto con un altro essere umano.
Nel caso io stessi fotografando una modella, e quindi una persona che è più abituata a farsi fotografare, il mio atteggiamento è lo stesso. Le sorrido appena arriva in studio, le chiedo come sta, le racconto cosa andremo a scattare e poi iniziamo a lavorare.
Durante la sessione fotografica, mi preoccupo comunque di accertarmi che vada tutto bene, se è stanca, se ha fame (per i set molto lunghi), se ha freddo o caldo… Sembrano domande scontate, ma a volte non lo sono. Indicato un’attenzione verso la persona e questo non deve mai esser scontato.
Facendo così, la modella si sentirà più a suo agio e ben accolta. Non bisogna dimenticarsi che non sono manichini, ma persone. Lo specifico, anche se può sembrare assurdo dirlo, ma è successo e succede, che vengano trattate in modo distaccato, brusco, o vengano poco considerate.
Sia nel caso del ritratto al privato, sia nel caso degli scatti con la modella, prima di iniziare a scattare, fornisco loro le informazioni riguardo a ciò che andremo a fare. Li rendo così partecipi e protagonisti.
Nel caso del privato cerco di lasciare la persona libera di muoversi come preferisce. In questo modo voglio vedere se esce la sua personalità. A volte succede che la persona si senta bloccata, mi chiede cosa poter fare. In quel momento suggerisco qualche posa, facendo vedere anche come, se necessario. In questo modo la persona vede che mi metto sul loro piano, sono lì per aiutarla, e già questo a volte basta per tranquillizzarla.
Ho più volte notato che la paura più ricorrente è quella di sembrare stupidi a fare delle pose, ma basta dir loro che devono prenderlo come un gioco con ironia e autoironia, e questo li aiuta a sciogliersi.
Nessun giudizio
Non c’è alcun giudizio da parte mia. Chiunque posi davanti a me è libero di fare ciò che vuole e ciò che si sente. Se vuole mostrarsi per ciò che è io sono ben felice di ritrarlo nella sua verità. Ma se anche volesse fingere di essere qualcun altro io non potrei forzarlo a mostrarmi la sua vera natura. Per quanto possibile cerco di non interferire. Mi metto nella posizione dell’osservatore. Ritraggo ciò che tu vuoi mostrarmi. La verità della tua natura la sai solo tu ed è una tua scelta cosa mostrarmi.
L’importante, secondo me, è capire che quando si chiede di essere ritratti bisogna aver chiaro il motivo per cui lo si fa.
Se il ritratto serve per lavoro, per esempio, si dovrà mostrare la persona in modo professionale, il che non vuol dire per forza in modo serio, il sorriso rassicurante funziona anche in questo caso.
Nel caso tu ti rivolga ad un professionista per avere dei ritratti ad uso personale, sarebbe meglio che ti sforzassi di essere te stesso, in modo da ottenere dei ritratti il più veri possibili. Cosa ti servirebbe un ritratto finto?
Tu sai come sei, farti ritrarre in un altro modo, che non ti rispecchia, può servire a qualcosa?
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10 pensieri riguardo “Il dialogo col soggetto ritratto è fondamentale”