Donne di Crema: il ritratto di Eleonora

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“Donne di Crema”, dopo una breve pausa per ricaricare le energie, riprende alla grande scoprendo la storia di Eleonora.

Una ragazza dal sorriso contagioso, piena di voglia di fare, entusiasta, con cui è stato un piacere chiacchierare fin dalle prime battute, tanto che non ci siamo nemmeno rese conto delle due ore passate online.

L’incontro

La sua storia inizia subito in maniera affascinante perché mi racconta che è nata per “miracolo”, prematura di otto mesi. Sua madre, non sentendo muovere la figlia nel suo ventre, a differenza del solito che era sempre in movimento, si preoccupa e si reca al pronto soccorso.

Il ritratto di Eleonora per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli
Il ritratto di Eleonora per il progetto Donne di Crema (C)Monica Monimix Antonelli

La storia di Eleonora

Dopo i primi controlli che non rivelano anomalie, i medici sembrano propensi a farla tornare a casa, ma il caso vuole che un’ostetrica scrupolosa decida di ascoltarla attentamente e trattenerla in ospedale, scoprendo poi un distacco della placenta.

Eleonora nasce grazie allo scrupolo dell’ostetrica che si è messa in ascolto della donna. L’ascolto, e i casi della vita, saranno delle costanti nella vita di Eleonora, come poi avrà modo di raccontarmi.

L’infanzia di Eleonora

Nata da genitori cremaschi, ha sempre vissuto in un paese alle porte di Crema, frequentando le scuole locali e la vita cittadina, creando un forte legame con Crema che dura tutt’ora. Da bambina era molto sensibile, caratteristica che le è rimasta negli anni, e ciò la faceva sentire un po’ “aliena” perché qualunque episodio di ingiustizia a cui assisteva, lo viveva in maniera molto amplificata. Questa forte sensibilità l’ha portata ad essere più matura della sua età, fin da piccola, facendola essere la “brava bambina” che andava bene a scuola, educata e che non creava problemi.

Passa molto tempo con la nonna perché i suoi genitori lavoravano, fino ai dodici anni quando sua nonna viene a mancare e per Eleonora inizia un periodo di forte cambiamento. Inizia a usare come armi di difesa, l’ironia e l’autoironia per cercare di mascherare e gestire la sua forte sensibilità e sentirsi meno “aliena”, capendo così che può entrare a far parte di un gruppo e ad aprirsi un po’ di più con i suoi amici.

Studia al Liceo Classico, anche se, col senno di poi, si rende conto che quella non era la sua massima inclinazione, sentendosi più portata per materie psicologiche essendo incline all’ascolto e all’aiuto dell’altro.

La rinascita e il periodo universitario

Il suo momento di rinascita è legato al periodo dell’Università dove si iscrive a Lettere e Beni culturali alla facoltà di musicologia a Cremona.

Passa tre anni da pendolare tra Crema e Cremona, ma che le sono rimasti nel cuore, al punto che se dovesse scegliere di poter rivivere un periodo della sua vita non avrebbe dubbi e tornerebbe a quei tre anni per la serenità del periodo e la vita accademica che le era piaciuta moltissimo.

“Mi sono laureata in anticipo, dopo due anni e mezzo. La fretta è una costante della mia vita. Sono nata in anticipo e mi sono laureata in anticipo, ho sempre fretta.”

Eleonora

Si ritiene molto fortunata perché avendo preparato la tesi sull’artista Aldo Spoldi, ha avuto la possibilità di aiutarlo direttamente nella curatela delle mostre da organizzare, facendo molta esperienza sul campo e potendo costruire una collaborazione che dura anche negli anni a venire.

L’alternanza lavoro e Università

A sei mesi dalla laurea, e dopo aver fatto le sue prime esperienze nel campo dell’arte, trova lavoro a Cremona e ciò le permette di iscriversi nuovamente all’Università e di proseguire col suo percorso di studi.

Si iscrive a Bergamo per una laurea in lettere moderne, nello specifico Culture moderne comparate. Una laurea raggiunta studiando nei ritagli di tempo dal lavoro, di notte o nelle trasferte in treno, non avendo la presenza obbligatoria. Un periodo denso di esperienze, dove il tempo dedicato al riposo è davvero risicato, ma la caparbietà di Eleonora le ha permesso di studiare e lavorare contemporaneamente e di conseguire quella seconda laurea, nonostante i ritmi frenetici di quel periodo.

Il lavoro a Cremona, che ha amato moltissimo, e per cui ha lavorato per circa quattro anni, consisteva nell’occuparsi di una delle “Strade del gusto” locale, occupandosi degli eventi, delle fiere e delle degustazioni.

Questo percorso le ha permesso di imparare moltissimo sia a livello professionale, studiando il mondo legato ai prodotti del settore enogastronomico, sia a livello personale perché dovendosene occupare da sola è stata una palestra importante per la sua esperienza sul campo, dandole l’occasione di conoscere moltissime persone e poter interagire con tutti.

Un lavoro molto impegnativo dal punto di vista della mole di lavoro da svolgere, sia per gli orari massacranti, ma che Eleonora ha amato fin da subito e che le è rimasto nel cuore. Lo sento da come ne parla, il sorriso nella sua voce la dice lunga riguardo al sentimento che prova per quell’esperienza.

Finita la laurea magistrale, e durante i quattro anni di lavoro per la “Strada del gusto”, scopre che a Cremona, proprio accanto al suo ufficio, avevano aperto le iscrizioni ad una nuova magistrale in Storia dell’Arte e decide di iscriversi, alternando studio e lavoro.

Una brusca interruzione

Al termine dell’esperienza di lavoro a Cremona, inizia una collaborazione col Museo di Crema nell’ufficio delle attività culturali. Un’esperienza che dura pochi mesi, purtroppo, perché a maggio di due anni fa, dopo la laurea ad aprile, si ammala.

Inizia per lei un lungo calvario di sofferenza di cui non conosce l’origine per almeno un anno. Tutto inizia come una normale influenza intestinale, a cui non presta molta attenzione, ma dopo che i sintomi non accennano a passare, si rivolge a vari medici per arrivare ad una diagnosi.

Tutto questo interrompe bruscamente il suo sogno che era quello di accedere ad un dottorato per poter fare ricerca e rimanere nell’ambito universitario.

Mi racconta del suo calvario fatto di sintomi inizialmente non presi abbastanza sul serio, anche da parte dei medici stessi che vedendola giovane, non le davano la giusta attenzione.

Per lei è stato un anno devastante fisicamente perché non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto e anche solo dover andare a Milano per fare delle visite significava un grandissimo sforzo.

Un cambio radicale di vita

Eleonora si ritrova ad un altro grande momento di cambiamento della sua vita: da persona iperattiva quale era sempre stata, si ritrova costretta a letto senza la forza di reagire a quello che stava capitando al suo corpo. Per lei è un momento di transizione importante perché la sua mente non si è mai fermata a differenza del suo corpo, e questo le ha permesso di restare concentrata su un obiettivo da perseguire, e a non cadere in depressione, come spesso capita in queste situazioni.

Succede tutto molto in fretta. Un lunedì mattina si sente male e chiama in ufficio per avvisare che sarebbe rimasta a casa per quella che pensava fosse una semplice influenza stagionale, ma da lì, nelle settimane successive inizia a manifestare sintomi che sembravano tutti scollegati fra loro rendendo più difficile individuarne la causa e stabilire la diagnosi.

La diagnosi a distanza di un anno

Nell’autunno successivo, dopo mesi di sofferenza, incontra una immunologa che è stata la prima a sospettare che potesse avere delle malattie autoimmuni. Dopo una serie di accertamenti, la diagnosi arriva a quasi un anno di distanza dai primi segnali della malattia.

“E’ stato un anno terribile, anche perché per non sfalsare gli esami non mi davano nessun tipo di terapia. Ero completamente a pezzi, anche perché in tutto questo non potevo più nemmeno lavorare, né avere una vita sociale.”

Eleonora

Grazie all’immunologa arriva al San Raffaele di Milano dove trova la sua “seconda casa” e un medico reumatologo, molto giovane e intraprendente che la sottopone a prove per studiare il suo caso più nello specifico per poterle offrire la terapia migliore.

La sua testimonianza

“Nel momento in cui ho scoperto cosa avevo, ho avuto una sorta di liberazione. Quando scopri cos’hai, dai un nome a qualcosa che ti fa paura, e già questo ti permette di tenerlo sotto controllo, hai modo di informarti sulla malattia e di conseguenza di regolare la tua vita in base a quello.”

Eleonora

“Molto spesso, alcuni medici, se vedono che hai così tanti sintomi variegati tendono a non dare la giusta importanza ad essi e a classificarti come ansiosa. In alcuni ricoveri che ho avuto mi sono sentita dire che col riposo sarebbero passati e mi davano un tranquillante. È triste pensare che ci siano medici che non credono in ciò che dice il paziente, perché magari è giovane e anche donna.”

Eleonora

“Meno male che ho trovato questo dottore con cui siamo arrivati alla diagnosi, che in realtà è un pacchetto di malattie sovrapposte. Come spesso accade nel campo delle malattie autoimmuni, non ne viene una sola, ma tanti sintomi. Nel mio caso ho l’artrite, la fibromialgia di cui tanto si parla grazie a Lady Gaga, e meno male che se ne parla, e poi ho la connettivite che è una sorta di infiammazione cronica di tutti i tessuti del corpo.”

Eleonora

La terapia

La sua terapia, consiste in immunosoppressori, che l’hanno resa immunodepressa, ed è sempre in corso di calibrazione a seconda dei risultati.

Oggi Eleonora sta molto meglio rispetto a quando si è ammalata, anche se è uno stare bene precario, perché col grande freddo e il grande caldo sente molto di più i dolori rispetto alle stagioni intermedie.

Si rende conto che il suo stato è solo grazie alla terapia che sta seguendo. Tutto questo è un grande impegno perché è costantemente sotto cura e ha vari controlli ed esami da fare.

La difficoltà di conciliare la malattia con la sua vita personale e lavorativa

Conciliare il tutto con la sua vita non è stato certo semplice, perché i malati cronici spesso non vengono capiti.

Nella vita personale si è vista tagliare fuori da certi giri di amicizie perché dovendo spesso disdire impegni all’ultimo minuto per motivi di salute, passava per quella che non voleva mai partecipare. Inoltre, non essendo una che ha l’abitudine a lamentarsi, molto spesso le persone accanto a lei non erano a conoscenza della sua situazione e ciò creava qualche fraintendimento.

Nel mondo del lavoro si è trovata in difficoltà perché la presenza fisica in ufficio le era diventata complicata, sia perché il giorno dopo la terapia non sta bene, ma anche perché nei periodi di acutizzazione della malattia, è costretta a letto.

“Non tutti hanno l’empatia di capirlo, né hanno la preparazione, perché essendo malattie, fortunatamente non diffuse, non si conoscono fino in fondo. Servirebbe maggiore informazione a riguardo.”

Eleonora

Reinventarsi per ricominciare

Ha capito che era il momento di reiventarsi perché i lavori in cui doveva dipendere dagli altri non erano più compatibili con le sue esigenze di salute. Decide di frequentare dei corsi che la portano a un cambio netto nel lavoro diventando consulente di immagine.

“Per me la consulenza di immagine non è una cosa frivola, dove consiglio solo che colore ti sta meglio o come valorizzare il tuo fisico, ma per come la vivo io significa entrare in empatia con la persona che ho davanti, che non si vede più bella e ha forti cali di autostima, che stanno affrontando forti cambiamenti nella loro vita e decidono di ripartire dalla loro immagine.”

Eleonora

“Ascolto la persona che ho davanti e le sue insicurezze, insieme cerchiamo di rimediare e dare una bella botta all’autostima che in quel momento è stata danneggiata.”

“Grazie all’empatia, non c’è giudizio da parte mia. Quando mi contattano mi chiedono di etichettarle a livello fisico, ma per me è più importante lavorare sulla persona, sui suoi pregi, e come valorizzarla al meglio.”

Eleonora

L’importanza dell’ascolto

L’ascolto è fondamentale, perché la porta a capire cosa sentono in base a quelli sono i loro bisogni fino a quel momento inascoltati. Ciò che ama di questo lavoro è proprio la relazione che viene a crearsi con la persona che ha davanti ed è stimolante perché varia ogni volta.

Un lavoro che le permette di coniugare sia le sue esigenze fisiche, non avendo orari canonici da rispettare né la presenza costante, sia la sua vena creativa che nei lavori precedenti era costretta a soffocare un po’ in favore di altri aspetti organizzativi.

Il coraggio di credere nei suoi progetti

E’ stata una sorta di illuminazione per lei. Già tre anni fa, si era resa conto che avrebbe dovuto fare un lavoro indipendente, perché, ancor prima del manifestarsi della malattia, aveva vinto una borsa di studio grazie al Soroptimist Club di Crema, per fare un corso professionale alla SDA Bocconi un corso sulla costruzione della leadership e sulle strategie di self branding.

Grazie a questi studi ha avuto la possibilità e il coraggio di credere nei suoi progetti personali e professionali futuri.

“Un corso basato sulla comunicazione assertiva: il rischio è di apparire troppo aggressive o troppo passive. Invece questo corso è stato molto utile soprattutto se poi una vuole guidare un gruppo di lavoro, deve sapere come comunicare.”

“Un’altra tematica affrontata è stata quella del self branding per capire come mettere in luce i tuoi potenziali e le tue caratteristiche più forti, in modo tale da sapere cosa trasmettere. È stato molto illuminante perché è qui che ho capito che dovevo fare un progetto che fosse solo mio e non dipendesse da nessun altro.”

Eleonora

Il cambio vita

Certa che le cose non arrivino mai per caso, quando si è ammalata e si è ritrovata costretta a cambiare la sua vita, le è tornato in mente questo corso e il suo desiderio di fare qualcosa solo suo. Questo è stato il trampolino per lanciare il suo marchio e il suo nuovo progetto lavorativo in un ambito nuovo per lei ma che da sempre la affascinava e incuriosiva giocando con il suo stile personale fin da adolescente.

Inciampa per caso in un articolo online che parlava di un corso sulla consulenza di immagine e da lì decide di proseguire e frequentare quel corso.

Accanto al suo progetto continua con il lavoro di comunicazione presso alcune aziende, e riesce a gestire entrambe le strade professionali che ha scelto di seguire.

Conclusione

La vera forza del progetto “Donne di Crema” è scoprire e raccontare storie nascoste del nostro quotidiano. Come la storia di Eleonora, che si ritrova a ventisette anni a lottare per capire di cosa soffre. E poi la sua battaglia per far capire cosa sono le malattie autoimmuni, malattie sconosciute ai più, perché non se ne parla abbastanza, e il rischio è che chi ne soffre si senta abbandonato e frainteso.

Riguardo a Crema

Per lei Crema, soprattutto negli ultimi anni, rappresenta la parte del tempo libero dato dalle passeggiate lungo il Serio, la vasca in centro città, lo shopping nei negozi.

Ha un rapporto ambivalente con la città: da un lato le sta stretta quando la vive, perché sente una mentalità a volte un po’ chiusa, ma dall’altro ne sente la mancanza quando è via per lavoro o per vacanza.

Per lei Crema ha grandi potenziali dal punto di vista della cultura e dell’arte, anche se forse a volte sono un po’ limitati per via della chiusura locale e non sempre vengono valorizzati gli emergenti meritevoli, preferendo portare avanti personaggi dell’ambiente, già conosciuti e rodati.

Uno scorcio della Via Mazzini a Crema (Cr), il luogo scelto da Eleonora per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli
Uno scorcio della Via Mazzini a Crema (Cr), il luogo scelto da Eleonora per il suo ritratto per il progetto “Donne di Crema” (C)Monica Monimix Antonelli

Eleonora e la fotografia

Ammette di non sentirsi in sintonia con una macchina fotografica, ma ama fotografare di tutto con il cellulare. Per lavoro ha seguito dei corsi sulla fotografia di food e in questo ambito si sente più sicura

Ciò che ama della fotografia è tutto ciò che sta dietro, cioè l’idea e il progetto artistico. Ammette che però questo la porta a voler controllare ogni aspetto tecnico che riguarda la fotografia, dalla composizione allo sfondo e a far attenzione a tutto ciò che entra nella scena, col rischio, a volte, di perdere l’attimo e di non scattare la foto che aveva in mente.

Quando è lei ad essere il soggetto della foto, tende sempre a voler controllare la scena, e, anche se tende a pensare a quelli che considera i suoi “difetti” estetici, non vive male il  momento dello scatto. L’unico caso in cui si imbarazza ad esser davanti all’obiettivo è quando ci sono persone intorno a guardare, ma negli altri casi tende a non porsi troppi problemi.

Per partecipare al progetto “Donne di Crema”

Se sei di Crema (sei nata qui, ci hai vissuto per molti anni, e/o ci vivi tuttora) e ti va di raccontarmi qualcosa di te e un tuo pensiero su Crema, scrivimi un’email moni@monimix.com con una tua foto allegata.

Ti contatterò per inviarti tutti i dettagli.

Se il progetto “Donne di Crema” ti interessa, ne parlo più diffusamente in questo articolo

Ti riassumo qui le informazioni più immediate per capire di cosa si tratta.

Il progetto “Donne di Crema”

“Donne di Crema” vuole essere un progetto fotografico che mostri le donne di una piccola cittadina, ma che ha al suo interno tanti ottimi elementi, a livello lavorativo e personale.

Perché voglio raccontare le Donne di Crema mostrando il loro contributo nella società e la loro ricchezza a livello umano.

Saranno ritratti all’aperto, al naturale, così come la persona si presenta. Ogni donna che partecipa può scegliere il luogo in cui ambientare il suo ritratto. Unica regola deve essere di Crema (esserci nata, averci vissuto per molti anni, e/o viverci tutt’ora).

Far scegliere alla persona ritratta il luogo in cui scattare il suo ritratto è un modo per farla sentire ancora di più a suo agio.

Chiederò a ciascuna donna di raccontarmi la propria storia e se ha un pensiero legato a Crema. In questo modo potrò sia raccontare qualcosa delle partecipanti, sia ricostruire tramite loro, ciò che Crema rappresenta.

La sessione di ritratto dura un’ora, durante la quale ci conosceremo facendo quattro chiacchiere e poi realizzeremo il suo ritratto.

In questo caso, non è richiesto nessun contributo. Il ritratto è gratuito. In cambio chiedo l’autorizzazione a pubblicare il ritratto per il progetto, e per chi lo desidera, l’iscrizione alla lista di contatti a cui inviare la newsletter.

Se sei di Crema (ci sei nata, ci hai vissuto, e/o ci vivi tutt’ora) e se hai voglia di farti ritrarre, scrivimi: moni@monimix.com specificando “Donne di Crema”.


Se vuoi partecipare al progetto “Donne di Crema”, ma ti senti un po’ a disagio davanti alla fotocamera, ho scritto una breve guida per aiutarti a vivere più serenamente il momento degli scatti.

Per vedere i ritratti delle Donne di Crema che hanno già partecipato, puoi visitare questa pagina.

Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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