L’autoritratto per capire noi stessi e gli altri

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L’autoritratto è un ottimo modo per capire come migliorare l’approccio alla fotografia di ritratto.

Per autoritratto non intendo scattarsi un selfie. Un autoritratto è (o dovrebbe essere) molto più impegnativo, dovrebbe avere un significato molto più profondo rispetto ad un selfie da postare sui social network.

Autoritratto della fotografa Monica Mx Antonelli
Autoritratto 2015 (C)Monica Mx Antonelli

Cos’è quindi un autoritratto?

E’ la fase culminante di un lavoro di ricerca su noi stessi. Studiamo noi stessi, la nostra natura, i nostri sentimenti attraverso questo tipo di fotografia.

Sapersi raccontare attraverso un autoritratto è forse una delle cose più difficili della fotografia. Se raccontare gli altri può essere complicato e non immediato, raccontare noi stessi lo è ancora di più. Perché vuol dire mettersi a nudo davanti ad una macchina fotografica, come fossimo ad una seduta di analisi. Vuol dire essere totalmente onesti con noi stessi affinché quella foto ci rispecchi veramente.

Non serve fingere

Certo, anche in questo caso possiamo fingere, mostrare solo ciò che vogliamo e ciò che sappiamo che colpirà l’osservatore. Ma ancora di più che nella fotografia di ritratto, fingere in un autoritratto non serve a nulla. Né all’osservatore che non riuscirà ad entrare realmente in sintonia con te, né a te stesso, perché sapendo che sono immagini finte di te, non apporteranno nulla alla tua crescita come fotografo.

“Il ritratto e l’autoritratto in particolare, hanno a che fare con la rappresentazione che diamo di noi stessi al mondo, il processo attraverso il quale diamo un volto alla nostra identità.Il problema è che la nostra identità spesso non coincide con la nostra immagine, ma necessariamente deve essere rappresentata e presentata agli altri attraverso di essa.”

Stefano Ferrari
[Professore di psicologia dell’arte presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna]

Mettersi a nudo davanti ad una macchina fotografica e poi davanti all’osservatore non è semplice. Ma nel momento in cui riuscirai a farlo potrai iniziare a creare un forte legame con chi guarderà le tue foto. Creerai una connessione potente tra te e gli altri. Percepiranno la tua sincerità e il tuo coraggio nell’esserti messo a nudo e questo ti premierà come persona e come fotografo.

L’autoritratto per capire l’altra persona

Imparare a raccontarsi attraverso l’autoritratto ti farà capire ancora meglio cosa vuol dire essere dall’altra parte dell’obiettivo. Capirai il possibile disagio che una persona può provare nel farsi ritrarre e la difficoltà nell’aprirsi agli altri.

Capirai come cambia il tuo viso variando leggermente posa e inquadratura, anche se nell’autoritratto vorrà dire scattarti molte più foto di quelle che scatteresti ad un altro soggetto.

Tutto questo ti porterà ad essere un fotografo migliore, nel ritratto.

Ma l’autoritratto non è solo un gioco di vanità e di tecnica, se affrontato nel modo corretto può essere anche un modo per stare meglio attraverso un’esplorazione profonda di noi stessi. Se abbiamo dentro di noi un disagio nei confronti di una situazione, o un sentimento negativo, “buttarlo fuori” attraverso l’autoritratto potrà farci sentire più liberi.

Mostra le tue paure, non preoccuparti di come verrai in foto.

Monica Mx Antonelli

Nell’autoritratto non conta l’estetica

L’importante non è risultare “bello/a” esteticamente. Non preoccuparti se il tuo viso sarà triste, sciupato e con un’espressione dolorosa. Liberati dagli schemi mentali che ci impongono di apparire sempre al nostro meglio in foto per piacere agli altri.

Nel caso specifico dell’autoritratto ciò che conta non è l’estetica, ma il messaggio profondo, la capacità di metterti a nudo senza temere il giudizio degli altri.

Mentre scatti non pensare che queste immagini debbano per forza essere mostrate ad altri. Scatta per te stesso/a, solo così potrai sentirti spogliato/a da tutte quelle “ansie da prestazione” causate dal giudizio del pubblico.

“A mio parere non si può sostenere di aver visto veramente qualcosa finché non lo si è fotografato.”

Emile Zolà

Cogliere la natura interiore

Solo imparando ad esplorare e indagare noi stessi attraverso la fotografia, possiamo capire come poter indagare l’anima altrui, come poterci avvicinare delicatamente ad un terreno fragile, sconosciuto e sensibile come quello dell’io dell’altro.

La capacità del buon fotografo non è solo quella di ritrarre al meglio una persona ma è quella di riuscire a cogliere la natura interiore della persona e, a volte, è essa stessa una sorpresa per il soggetto stesso della foto, che vi si vede in maniera esplicita.

Ciò può portare a stupore perché riconosciamo la bravura del fotografo che è riuscito a cogliere un aspetto che tenevamo nascosto, o, in alcuni casi, al rifiuto di quell’immagine, perché la reputiamo diversa da noi, un ritratto che non ci rappresenta, non ci piacciamo. Questo perché l’altro ci ha mostrato qualcosa di noi che non amiamo, o che ci spaventa o che preferiamo tenere nascosto (come nel caso di una debolezza o fragilità interiore).

Ecco perché, quando parlo di fotografia, punto sempre molto sul discorso dell’importanza del dialogo col soggetto da ritrarre.

Autoritratto della fotografa Monica Ma Antonelli
Autoritratto (C)Monica Mx Antonelli

Solo parlando con esso possiamo iniziare a conoscere (anche solo in parte), l’altro.

Il dialogo col soggetto è uno scambio di conoscenze, un modo per abbassare le difese per mostrarsi nella maniera più sincera alla macchina fotografica. Più riusciremo ad entrare in sintonia con la persona in uno scambio alla pari di sensazioni, maggiori saranno le possibilità di riuscire a trasmettere, non solo la natura del soggetto, ma anche le emozioni provate dalle due parti coinvolte durante la sessione e ciò arriverà dritto all’osservatore.

La mia esperienza con l’autoritratto

Dedicarmi all’autoritratto mi è servito molto nel mio lavoro. Mi sono avvicinata a questa pratica, ancora prima di diventare una fotografa professionista. Ricordo i primi esperimenti fatti con la prima compatta digitale. In casa, davanti ad un muro ho iniziato a rivolgere verso di me l’obiettivo. Io che non avevo mai amato esser fotografata da altri, ero lì a mettermi alla prova, a mettermi a nudo davanti a quell’obiettivo.

Una pratica, questa dell’autoritratto, che ho portato avanti negli anni, interpretandolo ogni volta in maniera diversa, ma sempre nel modo più autentico possibile, mostrando gioie e disagi. Ogni seduta era impegnativa, ma ogni volta che portavo a termine la sessione mi sentivo più leggera, come se avendo fissato sulla scheda di memoria, i miei sentimenti, mi sentissi liberata da eventuali pesi.

Se non hai mai sperimentato l’autoritratto, ti consiglio di provare.

Sia in pittura che in fotografia è una pratica molto diffusa. Pensa che Vincent Van Gogh, per citarne uno, nella sua vita ha dipinto ben 43 auto ritratti. In fotografia, due esempi celebri di fotografe che si sono dedicate moltissimo all’autoritratto sono sicuramente Francesca Woodman e Cindy Sherman. Due approcci totalmente differenti, ma che ti consiglio di osservare e studiare.



Prima di andare, ti chiedo un’ultima cortesia. Se l’articolo ti è piaciuto, lasciami un tuo like o un commento, oppure condividilo, mi farebbe molto piacere! Grazie!

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